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PEARL JAM
26/06/2012 - Ziggo Dome - Amsterdam
 



Report a cura di: Mario Tissi

La mia adolescenza è stata travolta in pieno da un’ondata chiamata grunge, tanto che sono cresciuto ascoltando Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden e Alice in Chains. Maturati i gusti musicali e affievolito il rumor creato da queste band, ho smesso progressivamente di ascoltare questo filone abbandonandolo completamente al finire degli anni 90. Un paio di anni fa però, rimasi letteralmente fulminato da quel capolavoro intitolato Backspacer, figlio di un’esplosione creativa dei Pearl Jam. Quest’album è riuscito a innescare in me un ritorno di fiamma nei confronti di questa geniale band e mi ha mosso a scoprire e ad apprezzare tutti quegli album successivi a No Code che avevo stupidamente ignorato per ben quindici anni. Il desiderio di riascoltare live la band capitanata da Vedder (che avevo già visto a Roma nel 96), mi ha spinto nel 2010 ad affrontare una traversata oceanica per partecipare ad un loro show americano tenuto al Madison Square Garden di New York. Posso dire con certezza che quel concerto è stato uno degli eventi più intensi ed empatici ai quali abbia mai assistito e per questo motivo, appena è stato annunciato il tour estivo 2012 della band di Seattle, non ho esitato un secondo a organizzare una bella trasferta nella terra dei tulipani per poterli ascoltare nuovamente. La location destinata ad ospitare l’evento è lo Ziggo Dome, un palazzetto nuovo di pacca progettato esclusivamente per la musica live e posizionato vicino allo stadio dell’Ajax a poche fermate di metropolitana dal centro di Amsterdam.
Il gruppo scelto come special guest si chiama X, una storica punk rock band, molto apprezzata da Vedder, alla quale sarà affidato il difficilissimo compito di intrattenere gli spettatori per una mezzoretta. Non appena la band di supporto comincia a suonare, si capisce l’eccellente qualità acustica dello Ziggo Dome che, a differenza dei palazzetti italiani, permette ai presenti di godersi al meglio l’evento grazie a dei suoni nitidi e puliti. Purtroppo l’esibizione dei X non convince i presenti che sembrano più interessati a bere birra, mangiare qualche panino e acquistare ogni tipo di merchandiser dei PJ, che ascoltare la musica proposta dalla band californiana. Effettivamente lo show è abbastanza anonimo e noioso, l’unica nota di rilievo sembra essere la presenza di Eddie Vedder alla voce in Devil Doll, il pezzo che gli X utilizzano per chiudere la propria esibizione e salutare tutti. Alle nove spaccate, tra un tripudio di applausi e di urla, entrano uno dopo l’altro i Pearl Jam con in coda un Eddie Vedder alticcio accompagnato da un paio di bottiglie di vino che non dimenticherà mai di sorseggiare per tutta la serata. Appena la band attacca a suonare Interstellar Overdrive (cover dei Pink Floyd) seguita a ruota da Corduroy, realizzo immediatamente qual è stata la forza che mi ha spinto a percorrere migliaia di chilometri per ascoltare un “semplice” concerto. Penso che assistere a uno show unico e irripetibile come quello della band di Vedder & Co. non abbia prezzo. Il concerto prosegue con la splendida Why Go pescata direttamente da Ten e con Given To Fly, entrambe perfettamente eseguite e interpretate. Mike McCready e Eddie Vedder sono in serata di grazia, si muovono continuamente, interagiscono con i paganti e catalizzando completamente l’attenzione del pubblico ormai ipnotizzato dalla loro musica. La durata degli applausi che scandiscono la fine di ogni pezzo, costringe la band a prendere delle pause prima di cominciare a suonare il brano successivo. Spesso Vedder corre sul palco raggiungendo gli altri membri del gruppo per cambiare o modificare qualcosa della scaletta, tanto che i roadie non riescono a stargli dietro e a capire quale chitarra o quale basso devono preparare per il pezzo che la band decide di suonare. I Pearl Jam propongono anche molte tracce di Backspacer tra le quale un’eccezionale Amongst The Waves che fa impazzire letteralmente il sottoscritto. Eddie alla fine del pezzo, confida al pubblico quanto la serata sia particolare e speciale per la band a causa della presenza nel backstage dei figli e delle compagne arrivati direttamente dagli States in giornata.  I Pearl Jam continuano il concerto suonando pezzi come Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town, In Hiding, Even Flow, World Wide Suicide e Rats pescando a piene mani da una ricchissima discografia ventennale. La band sta dando il massimo sul palco, in particolare il vocalist che, sempre più brillo, si dimena saltando come un grillo e facendo dei piegamenti pericolosi all’indietro utilizzando l’asta del microfono per tenere l’equilibrio. Questo movimento mi terrorizza e spero che non succeda nulla alla schiena di Vedder già causa del recente slittamento del suo tour solista in America. Dopo Not For You, i Pearl Jam annunciano di voler dedicare il prossimo pezzo alle proprie famiglie e attaccano a suonare una cover dei The Kinks dal titolo Better Things. Il brano, che non avevo mai ascoltato prima, è veramente stupendo e coinvolgente. M’incanta all’istante facendomi precipitare su youtube una volta rientrato in Italia per ascoltarlo più volte e costruire un giudizio più completo su di esso. Il concerto non cala minimamente di intensità, la band continua a mantenere l’attenzione ai massimi livelli suonando l’incantevole ballad Nothingman, la travolgente The Fixer  e chiudendo la prima parte dello show con Do The Evolution. Dopo qualche minuto di pausa i Pearl Jam rientrano e suonano Last Kiss (cover di Wayne Cochran), subito dopo attaccano Just Breathe e lo Ziggo Dome si illumina grazie migliaia di accendini e cellulari creando un’atmosfera ancora più toccante. Il primo Encore del concerto prosegue con Comatose, Unthought Known e Porch con conseguente mega applauso di un pubblico che cerca di ricambiare quanto sta ricevendo dalla band. Dopo qualche minuto riecco comparire i Pearl Jam e dichiarare che stasera faranno uno strappo alle regole assecondando le richieste del pubblico delle prime file che utilizzando dei poster vogliono ascoltare sia Smile che Green Diseage. Le due chicche da intenditore sono suonate a discapito di altri pezzi più famosi, il concerto rimarrà purtroppo orfano di brani che avrei voluto ascoltare come Better Man, Alive o Jeremy. In compenso la serata prosegue con Love, Reign O'er Me cover degli Who, Black e una canzone di Neil Young intitolata Rockin' in the Free World. L’esibizione sembra giunta al termine con i Pearl Jam che ricambiano l’affetto dimostrato dal pubblico con inchini e saluti. A loro volta i paganti rispondono con una standing ovation che sembra durare alcuni minuti e chiedono un altro pezzo alla band. Questa non si tira indietro non si tira indietro facendosi riportare sul palco qualche strumento prima di regalare l’ultima perla della serata suonando Indifference. Riuscire a descrivere le emozioni e le sensazioni provate al termine di questo concerto è davvero difficile, i Pearl Jam hanno tenuto uno show sensazione che ha lascerà un ricordo meraviglioso al pubblico ammaliato dalla grandezza di questa band. Il giorno successivo, prima di ripartire per l’Italia, decido con l’amico di Zagor (sempre presente nelle trasferte musicali in giro per il mondo) di fare un ultimo giro sulla LeidseStraat e improvvisamente ci troviamo di fronte un Mike McCready (chitarrista dei Pearl Jam) che gironzola tranquillamente per la città con una reflex, bermuda e t-shirt. Mentre lo salutiamo e gli chiediamo quando torneranno a suonare a Roma, ci propone di farci una foto insieme, ci regala qualche plettro e ci intrattiene con due chiacchere mostrando un atteggiamento molto easy e rilassato. Per ricambiare la cortesia gli regaliamo la nostra cartina della città consigliandogli di andare a farsi un giro a Jordaan, una zona poco turistica della calpitale Olandese, sperando che non si perda tra le stradine e i canali del tradizionale quartiere di Amsterdam mancando così la seconda data della band in programma sempre allo Ziggo Dome in serata.


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