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06/02/2013 - Alcatraz
Report a cura di: Mario Tissi
Dropkick Murphys & Frank Turner all’Alcatraz di Milano è uno di quegli eventi che al sottoscritto non può
passare nell’anticamera del cervello di perdere. Munito di buona volontà, non mi resta che organizzare una trasfertina da Roma a Milano che, con mamma Ryanair, non finisce in un salasso economico nel prezzo del volo. In più considero l’Alcatraz una location di tutto rispetto con un’eccellente impianto audio capace di non far rimpiangere ai paganti il prezzo del biglietto. La serata viene aperta dai Dirty Bastards, una band Italiana che richiama parecchio le sonorità celtiche degli head liner e riscaldano l’ambiente caricando il pubblico in modo egregio. Quando sale sul palco Frank Turner il discorso cambia radicalmente e, nonostante in parecchi non abbiano idea di chi sia lo smilzo con la chitarra acustica, ci mette pochissimo a far incendiare tutti. Frank
attacca con If Ever I Stay seguita da The Road e Peggy Sang The Blues e fa crescere l’empatia con gli spettatori eseguendo Glory Halleluja, un pezzo coverizzato dai NOFX nei loro recenti tour. La seconda metà del concerto è a mio avviso la più bella, infatti Frank e la sua band, dopo aver suonato un bellissimo inedito, propone tutti i pezzi che preferisco snocciolando in sequenza Four Simple Words, Photosyntesis, Try This At Home e chiude
con la splendida I Still Belive. Credo che a fine esibizione molti dei presenti che non conoscono quest’artista, andranno su internet a scaricarsi qualcosa o cercheranno su youtube qualche video. Personalmente penso che la popolarità di Frank Turner sia matura per esplodere ed entrare nel mainstream nel giro di pochi mesi.
L’entrata dei Dropkick è sugellata da The Boys Are Back, la prima traccia del loro ultimo album Signed and Sealed in Blood, ottimo per aprire il concerto nel migliore dei modi. L’energia che genera è così forte che riesce a innescare una potenza palpabile tra stage e parterre veramente micidiale. Non riesco a vedere uno spettatore impassibile allo show, con i Dropkick carichi a mille che suonano Burn, Johnny I Hardly Knew Ya, Going Out in Style, Prisoner’s Song alternando vecchi capolavori a brani di recente fattura. I Celtic Punkers di Boston proseguono eseguendo The Irish Rover, My Hero, Rose Tattoo e tantissimi altri pezzi, regalando così ai presenti una scaletta che non si discute! Prima di uscire di scena suonano I’m Shipping Up To Boston insieme a Frank Turner lasciando al pubblico dell’Alcatraz l’arduo compito di cantare tutto il pezzo. Ken Casey & soci,
rientrano sul palco accennando un happy birthday to you al fine di celebrare il compleanno dei Al e riattaccano a suonare subito dopo una violenta Barroom Hero. Il brano successivo riesce a calmare gli animi, a far illuminare l’Alcatraz di accendini e cellulari mentre tantissime ragazze sul palco che, felici come non mai, aiutano i Murphys nell’esecuzione della ballad End Of Night. Con un centinaio di ragazzi sul palco, la band suona Skinhead on The MBTA, Dirty Deeds Done Dirt Cheap (cover degli ACDC) e chiudono con Citizen C.I.A., congedando tutti nel migliore dei modi. Concerto veramente memorabile, fortunatamente non è successo nulla d’increscioso rispetto a quanto avvenuto la scorsa estate a Roma quando un gruppo di destra ha creato disordini richiedendo l’intervento delle forze dell’ordine a discapito dell’esibizione dei Dropkick Murphys. LET’S GO MURPHYS!
Il celtic punk dei Dropkick lascia un segno profondo a tutti i presenti