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REFUSED
FREEDOM

Avevano deciso di mollare tutto, dopo il raggiungimento dell'apice creativo, nel 1998, con quel gioiellino di postharcore/punk che fu "The Shape Of Punk To Come", più che un album, un inno generazionale per la "New Noise" generation. Poi, come spesso capita di questi tempi, anche per qualche membro degli svedesi Refused, la nostalgia è diventata canaglia e così, passando per un rituale giro di telefonate, baci e abbracci, si è ripartiti tutti in tour per vedere di eliminare un po’ di ruggine dalle articolazioni. Un paio di anni in giro per i festival di tutto il mondo ed ecco che arriva la notizia che, tra una data e l'altra, la band ha ritrovato la giusta sintonia per produrre nuova musica ad una quindicina di anni di distanza dall'ultima. Tale "sintonia" non deve essere però piaciuta al chitarrista Jon Brannstorm (una delle principali menti creative di The Shape Of Punk To Come) che ha deciso di non fare più parte della nuova avventura. "Freedom", libertà. Direi che mai fu più giusto il nome per un album, visto che su Freedom, la band si è sentita libera di sperimentare senza farsi schiacciare dall'ingombrante passato. Però i Refused che sperimentano e si evolvono: piacciono? Si e no. L'album, ha sonorità più morbide di quanto siamo abituati ad ascoltare, alcuni episodi, come "Old friends", "Francafrique", "War On The Palace", "Servant Of Death" e "Useless Europeans" (curiosamente Mark Laneganosa), ci fanno scoprire dei Refused, più rock e melodici, non molto distanti dagli International Noise Conspiracy dello stesso Dennis Lyxzen. Brani che purtroppo, non fanno breccia (o almeno non del tutto) e quando ti chiami Refused questo non va bene. Poi ci sono i pezzi alla Refused, che funzionano, suonano un po’ come delle cover di "The Shape Of Punk To Come" ma funzionano. L'iniziale "Elektra" ha i giusti dosaggi di punk e hardcore per farti venire la voglia di spaccarti in pista. "Dawkin Christ" ammicca paurosamente a "New Noise" soprattutto nell'intro, ma anche lei funziona. "Thought Is Blood" ha quei primi minuti un po’ cantilenanti ed elettronici che ti fanno venire qualche dubbio sulle qualità del pezzo e della attuale band. Poi arriva l'impennata hardcore/metal di metà percorso in stile quasi Rage Against The Machine e la vita ti sorride ancora. "Destroy The Man" è un old school non troppo convincente, mentre "366" raggiunge il suo scopo, esattamente come aveva fatto "Elektra". Questo Freedom, alla resa dei conti, convince?...Nì! I pezzi che in qualche modo si riallacciano al passato divertono ma non hanno lo stesso appeal di un tempo, mentre le sperimentazioni, che forse non sono nemmeno tali (visti i sideproject di Lyxzen), sembrano un buco nell'acqua. "The Shape Of Punk To Come" è stato uno dei dieci album più influenti del rock alternativo degli anni novanta, questo "Freedom", al confronto sbianca. L'abbandono di Brannstorm durante la fase compositiva ha lasciato il segno, ma se ci mettiamo la stima immensa che provo verso questa band, una larga sufficienza si può anche dare. Refused: la band considerata punk che però piace di più ai metallari. 

UnderD
Voto: 6.5
TRACKLIST:

 

1. Elektra

2. Old friends/New war

3. Dawkins Christ

4. Francafrique

5. Thought Is Blood

6. War On The Palaces

7. Destroy The Man

8. 366

9. Servants Of Death

10.Useless Europeans