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DISTURBED
TEN THOUSAND FISTS
Inconfondibili. Per storia, per nome e soprattutto per stile sonoro.
Nessun gruppo è paragonabile - nel bene o nel male - ai Disturbed, band indiscutibilmente ai vertici del famigerato olimpo di contaminazione nu-metal che si ripresenta al pubblico esattamente a tre anni di distanza dal controverso “Believe”, un album per molti (me incluso) davvero buono, per altri invece un mezzo passo falso. Ad ognuno la propria opinione.
“Ten Thousand Fists” comunque si rivela un disco quantomai ambizioso, seguendo però i soliti clichè da terzo disco e librandosi a metà tra le aperture elettroniche e dure di “The Sickness” e la maggiore melodia complessiva caratterizzante “Believe”; un ottimo compromesso il cui obiettivo di soddisfare tutti in egual maniera sarà a mio avviso facilmente centrato.
Tanti gli eventi accaduti durante la fase di lavori in corso: l’abbandono da parte dello storico bassista Fuzz sostituito da John Moyer (ex Union Underground), la paternità del chitarrista Dan Donegan, il litigio con i The Darkness, ed infine la tragedia di Dimebag Darrell, un evento che ha lasciato il segno in molti dei dischi pubblicati quest’anno, un evento che a suo tempo costrinse David Draiman a sospendere le registrazioni per dedicarsi completamente all’organizzazione del Dimebag Darrell Memorial Fund. Non a caso questa nuova produzione è dedicata proprio allo scomparso chitarrista tramite una breve dedica presente nell’ultima pagina del booklet.
Sentimenti di frustrazione ed alienazione finiscono quindi per impregnare la già arrabbiata atmosfera del nuovo lavoro, e le dichiarazioni rilasciate alla vigilia lasciavano presagire un prodotto complessivamente più duro ed heavy dei suoi illustri predecessori, senza però mai sconfinare nel metal o nel metalcore, due generi ai quali i Disturbed non si sentono per nulla appartenenti; ad un primo ascolto si può facilmente rilevare una maggior focalizzazione sulla chitarra, incentrata più o meno sugli stessi tipici riff caratteristici rafforzati da una cura decisamente più minuziosa arricchita dall’introduzione di alcuni assoli, una ricetta da loro mai sperimentata ed utile ad evidenziare una lieve ricerca di evoluzione e maturità artistica.
Le carte in regola per stravincere la partita ci sono tutte ed il disco in sé può vantare canzoni di grossa caratura che non faticheranno a diventare dei classici: la title-track gode di un ritornello talmente accattivante da poter presto divenire il nuovo anthem della band e scatenare cori a squarciagola da parte dei fans; “Just Stop” e “Stricken” sfociano entrambe in refrains più melodicamente cadenzati, facili da metabolizzare e da ricordare; “Guarded” e “Deify” ricalcano i più classici ritmi sincopati che hanno reso grande questa band, con artifizi elettronici  a creare un perfetto connubio con la tipica ed inconfondibile voce di Draiman; ma è con “Sons Of Plunder” che a mio avviso il combo americano riesce a dare il meglio di sé, canzone bellissima sia per costruzione sia per ritmica; “Overburdened” è invece da considerarsi a tutti gli effetti una mesta ballata mentre un'altra nota di merito è da assegnarsi rigorosamente a “Land Of Confusion”, degna cover di una splendida canzone dei Genesis datata 1986 (recentemente rifatta in maniera ancor più heavy anche dagli In Flames), riproponendo così l’esperimento cover tentato in passato con “Shout”.
L’artwork dell’album è stato disegnato dal famosissimo Todd McFarlane, artista conosciuto anche nel mondo musicale per aver disegnato i cartoni animati dei video di “Freak On A Leash” dei Korn e “Do The Evolution” dei Pearl Jam; il booklet si presenta offrendo al suo interno primi piani di alcuni dei “manifestanti” ritratti nella front cover, oltre a tutti i testi delle canzoni ed ai classici ringraziamenti di rito. Da segnalare inoltre, ulteriormente alla dedica a Dimebag Darrell di cui sopra, la foto del gruppo composto solo da David Draiman (ovviamente vocalist), Dan Donegan (chitarra) e Mike Wengren (batteria), ossìa i membri storici del gruppo: il nuovo bassista John Moyer infatti è ancora troppo ‘novizio’ per esser considerato a tutti gli effetti un membro dei Disturbed e, a detta dello stesso Draiman, dovrà ancora superare alcuni esami per guadagnarsi finalmente la qualifica permanente di ‘disturbato’ ed apparire così in pianta stabile nelle foto e nei video promozionali.
In fin dei conti inutile negarlo: se quest’album fosse uscito anni fa al posto di “The Sickness” la parola ‘capolavoro’ sarebbe forse stata addirittura riduttiva, poiché la qualità delle canzoni è altissima, monumentale, sorretta da parti vocali straordinarie in grado come sempre di fare la differenza; ad oggi invece trattandosi del terzo disco le ripetizioni e le ridondanze sono logicamente inevitabili e ciò purtroppo penalizza soprattutto il giudizio finale, specialmente da parte dei critici più instransigenti: ma d’altra parte credo che non assisteremo mai ad una radicale svolta da parte di questa band, troppo legata alle proprie tradizionali caratteristiche per osare un cambiamento probabilmente innaturale e conseguentemente controproducente.
Per cui “accontentiamoci” di ciò che i Disturbed sanno fare, poiché lo sanno fare maledettamente bene.
Tempo
Voto: 8,5
TRACKLIST:

1. Ten Thousand Fists
2. Just Stop
3. Guarded
4. Deify
5. Stricken
6. I'm Alive
7. Sons Of Plunder
8. Overburdened
9. Decadence
10. Forgiven
11. Land Of Confusion
12. Sacred Lie
13. Pain Redefined
14. Avarice