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LINKIN PARK
MINUTES TO MIDNIGHT

Tic toc, tic toc. Trascorrono i secondi, i minuti, le ore, i giorni, gli anni. Il tempo passa, fattore immutabile ed ineluttabile, l’orologio condiziona l’esistenza di ogni singolo essere vivente: nulla può rallentare né tantomeno fermare la frenetica corsa delle lancette, il countdown è inarrestabile, il nostro destino è segnato. Tic toc, tic toc. Esiste un orologio universale che simboleggia adeguatamente questa situazione di inevitabilità: si tratta del “Doomsday clock”, l’Orologio dell’Apocalisse teorizzato nel 1947 – in piena Guerra Fredda – da un’equipe di scienziati dell’Università di Chicago come metafora e monito della fine del mondo, rappresentata dall’orario di mezzanotte. Impressionati dalla drammatica precarietà dello scenario mondiale, i Linkin Park decidono pertanto di intitolare il loro terzo album “Minutes to midnight”, alludendo all’imminente Giorno del Giudizio Universale…
Tic toc, tic toc: sono passati più di quattro anni dall’inappagante “Meteora”, il nu-metal ha definitivamente tirato le cuoia ed i Linkin Park manifestano adesso l’urgenza di riaffermarsi all’attenzione di pubblico e critica opponendosi alla frenetica severità della sabbie del tempo, che tutto rendono effimero ed obsoleto. È buona cosa innanzitutto inquadrare il nuovo ruolo di Mike Shinoda: l’ex “master of ceremonies” del sestetto – che sembrerebbe rivestire una parte marginale nell’economia del nuovo cd – spalleggia con carattere in sala regia il non plus ultra della produzione musicale, Rick Rubin, canta le main vocals del signorile e sperimentale lento “In between” e quando torna al suo primo amore, le rime rappate, coglie nel segno valorizzando ed ispirando buoni brani come “Bleed it out” (aspra al punto giusto e dallo spirito live & direct) e “Hands held high” (sfizioso hip-hop gospel che saluta i The Roots). Chester Bennington non sta a guardare e si rimbocca le maniche aggredendo le partiture di “Given up”: battimani ed attitudine punk per la prima canzone maleducata del repertorio dei Linkin Park… ai bravi ragazzi scappa infatti qualche parolaccia! Pollice in su anche per quanto riguarda il cipiglio metal di “No more sorrow”, il dub elettronico di “In pieces” ed anche – perché no? – per i non banali richiami agli aromi degli U2 inalati con “Shadow of the day”. Però, non è tutto rose e fiori: il pop-rock andante di “Valentine’s day” è da sbadigli, mentre “Leave out all the rest” è un “wannabe trip-hop” che si scopre più simile ai Backstreet Boys che ai Portishead… Lascia qualche macchia di incertezza anche il singolo “What I’ve done”, passabile e ben allestito ma che comunque non figura tra i primi della classe di “Minutes to midnight”. Gli ultimi rintocchi del disco suonano le note di “The little things give you away”, ballata semi-acustica che fa pendant con i toni d’atmosfera dell’intro “Wake” e che firma la commozione della band dinnanzi alle devastazioni di proporzioni bibliche causate nel 2005 dall’uragano Katrina nel sud-est degli States.
Tic toc, tic toc. Trascorsi 43 minuti e 31 secondi scocca la mezzanotte. Il tempo passa e lo si nota anche sulla pelle dei Linkin Park: i giovanotti pop-metal del vivacissimo “Hybrid theory” si sono lasciati con convinzione alle spalle il transitorio “Meteora” e sono finalmente approdati all’età adulta con un disco di “new rock” consapevole, maturo e pluricromatico. Tic toc, tic toc, la fine del mondo è vicina. La fine dei Linkin Park è per adesso lontana.

Silvio52
Voto: 7
TRACKLIST:

1. Wake
2. Given Up
3. Leave Out All The Rest
4. Bleed It Out
5. Shadow Of The Day
6. What I've Done
7. Hands Held High
8. No More Sorrow
9. Valentine's Day
10. In Between
11. In Pieces
12. The Little Things Give You Away