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04/06/2012 - Arenele Romane Bucarest
Report a cura di: Mario Tissi
A poco più di una settimana dall’ultimo concerto degli Slayer fruito al Sonisphere Madrileno, ho la fortuna di poter ripetere l’esperienza e ascoltare la migliore metal band all’Arenele Romane di Bucarest. Stavolta la band Californiana suonerà da headliner in un concerto tutto suo, quindi nessuno mi negherà la possibilità di ascoltare una scaletta più ricca e sostanziosa rispetto a quella proposta al Sonisphere. La location è molto suggestiva, un’arena concepita probabilmente durante il periodo di regime, immersa in uno stupendo parco alla periferia sud di Bucarest. Ad aprile la serata ci pensano due stimate band locali, rispettivamente gli H8 e gli Avatar. La prima delle due suona un death metal molto aggressivo in lingua inglese, mentre i secondi cantano in rumeno e deliziano il pubblico, che conosce molto bene i pezzi proposti, con una sorta di hardcore imbastardito dal rap che ricorda in alcuni scorci i famigerati Biohazard degli esordi. Alle 21.15, puntuali come orologi svizzeri, si presentano sul palco gli Slayer che compaiono avvolti in una fitta nebbia artificiale , accompagnati dall’intro di World Painted Blood. Come al solito si scatena un putiferio, la gente impazzisce dando vita ad un pogo assassino. Lo spettacolo che gli Slayer mettono in piedi è un vero e proprio must, sono vent’anni che seguo la band dal vivo e per tutto questo tempo li ho visti rapportarsi con il pubblico sempre alla stessa maniera. I Californiani sono infatti vestisti sempre nello stesso modo (Kerry e Tom maglietta della propria band e pantaloni di pelle), hanno un muro di amplificatori Marshall dietro le spalle, il telone gigante con l’aquila trafitta dalle spade che formano un pentacolo e la classica riluttanza della band a parlare con il pubblico se non attraverso sporadici “thank you” detti da Araya ogni quattro/cinque pezzi. Nonostante questo, l’emozione e l’energia che sono capaci da regalare durante le loro esibizioni live è veramente qualcosa di indescrivibile. Solo partecipando ad un loro concerto si può capire quanta cattiveria e quanta violenza sia sprigionata dal quartetto (purtroppo per il secondo anno di seguito senza Jeff Hanneman, in convalescenza a causa di necrosi al braccio destro provocata dal morso di un ragno). Il concerto prosegue mantenendo dei ritmi eccezionali, il mix della batteria di Lombardo e la chitarra dai mille virtuosismi di King sono un treno che travolge tutti i presenti senza lasciare sopravvissuti. Gli Slayer snocciolano un pezzo dopo l’altro, suonando per il pubblico grandi classici come Mandatory Suicide, Season In The Abyss e War Ensembre, prima di chiudere a un’ora dall’inizio con la bellissima Angel Of Death. Tutti i paganti sono più che soddisfatti e potrebbero andarsene a casa contenti e felici per aver assistito al grande spettacolo dei maestri del metal, ma come da programma, mancano all’appello due brani immancabili nella scaletta della band. Dopo una pausa di qualche minuto, ecco risalire sul palco il quartetto che chiude con South of Heaven e l’apocalittica Raining Blood, terminando così il concerto con il pezzo, che a mio avviso, può riassumere al meglio l’essenza della band. Gli Slayer continuano a confermarsi una garanzia grazie ad una coerenza e a un approccio alla musica che non è mai cambiato nel corso del tempo.