Qualcuno dovrebbe spiegare a Rivers Cuomo che non è affatto necessario ci metta a conoscenza di tutto il materiale che scrive. Farebbe un piacere a tanti e soprattutto a sé stesso se si limitasse a fare quello che fanno tutte le band del pianeta: per due anni, magari anche tre, raccogli materiale e proto-pezzi nella tua testa, poi vai in studio e da tutto quello che hai per le mani tiri fuori dieci, undici tracce e ci scrivi un disco. Il resto, per l'amor di Dio, va buttato nel cesso.
Il senso di tirar fuori tre dischi in due anni sfugge non solo alla mia comprensione, ma proprio ad ogni plausibile logica artistica e probabilmente pure di mercato. Specie se si tratta di prodotti come “Ratitude”, “Hurley” e quest’ultimo “Death to false metal”. Mettendo insieme le migliori dieci tracce dei tre full-lenght infatti, a mio avviso si può tirar fuori un prodotto decente, onesto e sicuramente meno odioso dei singoli contenitori da cui si è attinto.
Ad ogni modo forse, dico forse, dei tre dischi in questione quest’ultimo è ancora ancora il migliore. Ha certamente i suoi momenti deprecabili tipo “Everyone”, “Autopilot” e l’irritante cover conclusiva “Unbreak my heart”, ma le tracce buone sono forse le meglio uscite a nome Weezer dal 2008 ad oggi. Parlo dell’iniziale “Tuning up the radio”, di “I don’t want your loving”, ma anche della carinissima “I’m a Robot” e di “Odd couple”.
Insomma, se volessero farlo credo che un buon disco Cuomo e compari potrebbero ancora tirarlo fuori, basterebbe solo un po’ più, come dire, di pudore.