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MINISTRI
FUORI
Quella dei nostrani Ministri è una parabola in continua ascesa, un treno in corsa che continua a percorrere i binari verso un successo sempre più ampio ricordando per certi versi la storia dei Verdena, partiti dalla periferia ed arrivati al successo nel mondo del rock tricolore: i Ministri forse stanno facendo anche meglio, realizzando sold-out ovunque vadano a suonare ed aumentando sempre più la credibilità del panorama rock di un paese che forse (finalmente?) sta iniziando a mostrare i primi sintomi di insofferenza verso i fenomeni musicali pop creati ad arte i quali, purtroppo, spopolano soprattutto nel nostro paese grazie al continuo supporto dei media più potenti.
"Fuori" è il terzo album per la band milanese, ad un anno e mezzo di distanza da quell'ottimo "Tempi Bui" che rappresentò il vero trampolino di lancio per Davide Autelitano e soci: stavolta le sonorità si rivelano meno cattive e gridate, con canzoni sicuramente meno dirette rispetto a quelle del disco precedente; questo però non scalfisce l'anima rock del gruppo e soprattutto non ne sminuisce assolutamente il talento creativo e la volontà di ribellione politica. E qui nasce un'altra differenza tra i due album: se "Tempi Bui" ci presentava infatti una band tendenzialmente più rassegnata all'attuale situazione politica in Italia, "Fuori" pare più un inno proprio alla ribellione ed alla reazione verso situazioni non in linea con il pensiero dei Ministri e dei loro proseliti.
Dal punto di vista musicale, "Fuori" si rivela un altro lavoro buono sebbene necessiti di più ascolti: come detto prima infatti le dodici canzoni della tracklist sono meno immediate e rabbiose ed in alcuni episodi pare di trovarci al cospetto di una band che cerca di contenersi il più possibile, come fosse un motore che non gira al massimo della propria potenza.
La scelta di ricercare stili più tendenti al melodico giocando con il lato emozionale a mio giudizio non si rivela esaltante ma al contempo neppure troppo penalizzante, facendo di "Fuori" un album certamente godibile che però lascia un po' di amaro in bocca: non a caso la canzone meglio riuscita risulta essere "Il sole (è importante che non ci sia)", ossìa brano di apertura nel quale ritroviamo il lato più tosto ed incazzato dei Ministri, forte di un ritornello davvero coinvolgente e di impatto immediato poggiante su un andamento generale molto ritmato.
Molto meglio invece il songwriting, che evita slogan facili e stereotipati (come invece fanno banalmente molti gruppi politicizzati) cercando testi e concetti più sofisticati ed elaborati; anche per questo forse i Ministri risultano più adatti al mainstream, riuscendo a non annoiare con i soliti abusati concetti.
Non so dire se i Ministri attualmente siano la migliore rock band italiana poichè non dobbiamo dimenticarci quanto il nostro underground sia altrettanto composto da gruppi validissimi ma che non hanno alle spalle una promozione in grado di aiutarli ad emergere: di sicuro però il successo dei Ministri può funzionare da esempio, perchè può dare un'ulteriore spinta all'accrescimento del rock in Italia ed allo stesso tempo ci dimostra che la stessa Italia non è composta solo da tamarri in tuta e pessimi occhialacci Carrera o pecoroni che si fanno abbindolare da canzonette da quattro soldi che ripetono le solite banalità sentimentali trite e ritrite cantate dallo squallido fenomeno radio/televisivo del momento.
Tempo

TRACKLIST:

01. Il sole (è importante che non ci sia)
02. Gli alberi
03. Verstirsi male
04. Noi fuori
05. Tutta roba nostra
06. La città senza fiumi
07. Una questione politica
08. Due dita nel cuore
09. La petroliera
10. Mangio la terra
11. Che cosa ti manca
12. Vorrei vederti soffrire