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DARKEST HOUR
THE HUMAN ROMANCE

Compito arduo quello di recensire il settimo studio album dei Darkest Hour, melodic-black metal band proveniente da Washington.
“Ma come, non facevano metalcore quelli lì?”. Sì, caro lettore, lo facevano e pure bene. Erano i tempi di dischi come “So sedated, so secure” e “Hidden hands of a sadist nation”. Da lì è iniziato un percorso che li ha portati sempre più vicini, come sound e come attitudine, alla produzione metal scandinava. Il tutto è cominciato con “Undoing ruin”, tutt’ora il punto a mio avviso più alto della loro produzione musicale e l’effetto non era affatto male. Furia e violenza HC ben intrecciate con melodie di chitarre taglienti, precise e ultraveloci. Si fossero assestati su quel mix forse oggi scriverei una recensione diversa. Purtroppo invece il passaggio al black metal “duro e puro” è stato portato avanti con perizia nei dischi successivi, fino ad arrivare a questo “The Human Romance”.
Che poi non è che ci siano stravolgimenti clamorosi a livello di suono, piccole cose tipo la doppia cassa rullante che passa da sporadica a costante, gli intrecci di chitarra che da funzionali al pezzo diventano protagonisti dello stesso e qua e la qualche linea vocale che si fa melodica. Poca roba, che però nell’insieme la differenza per il sottoscritto la fa eccome.
Fin qui tuttavia si parla di scelte stilistiche e di gusti, quindi nulla di insindacabile. Più “oggettiva” invece è la sensazione che i Darkest Hour siano arrivati un po’ a raschiare il fondo del barile con le idee.
In quest’ultimo disco si cammina quasi costantemente sulla linea che separa l’autocitazione dalla monotonia ed è quasi impossibile trovare un riff che non suoni già sentito. Per carità, la tecnica c’è come c’è sempre stata, ma come dicevo la sensazione è che nella scala delle priorità l’apparenza abbia scavalcato la sostanza. Sicuramente il momento migliore del disco è “Your everyday disaster”, che fortunatamente arriva dopo l’imbarazzante “Love as a weapon” (ma l’hanno scritta davvero loro???). Il resto scorre via senza eccessiva infamia e senza lode, eccezion fatta forse per la strumentale “Terra Solaris” che strappa ben più di qualche sbadiglio.
Mettiamola così, se anche voi dopo averlo sentito proverete l’irrefrenabile desiderio di ascoltare “The Sadist Nation” allora forse capirete cosa intendo. Questo però può essere un buon esercizio anche per chi “The Human Romance” l’ha apprezzato, giusto per capire cosa intendo. Sempre che interessi, ovviamente, ma se avete letto fin qui forse potete fare un ultimo sforzo.

Manq
Voto: 5
TRACKLIST:

1."Terra Noctunus"
2."The World Engulfed in Flames"
3."Savor the Kill"
4."Man & Swine"
5."Love as a Weapon"
6."Your Everyday Disaster"
7."Violent by Nature"
8."Purgatory"
9."Severed into Separates"
10."Wound"
11."Terra Solaris"
12."Beyond the Life You Know"