I Black Spiders sono una delle tante band che ogni anno vengono puntualmente spinte dalla critica d'oltremanica, convinta di aver scoperto l'ennesima promessa del rock.
Negli anni ho imparato però a prendere sempre con un certo distacco queste esternazioni trionfalistiche, dopotutto stando agli inglesi ora avremmo per le mani decine e decine di rockstar quando invece sono spesso e volentieri gli eroi del passato più o meno lontano a tenere alto il nome di questo genere.
Con tali premesse non voglio tuttavia stroncare i Black Spiders, autori di un rock senza infamia e senza lode, ma introdurre la loro musica nel modo più appropriato evitando voli pindarici che deluderebbero aspettative troppo elevate.
Le influenze della band inglese si rintracciano, come sempre più spesso accade, nel rock seventies, sintetizzato qui nella sua forma più grezza e sporca, vicina per certi versi alle sonorità stoner.
Idealmente potremmo collocare questo "Sons of the north" nello stesso filone di Wolfmother, Year Long Disaster, Black Stone Cherry, ecc, anche se a mio avviso le band citate, pur non inventando nulla di nuovo, hanno quel qualcosa in più che rende la loro musica "originale".
I brani di "Sons of the north" poggiano invece su strutture troppo prevedibili e riff derivativi che sminuiscono le pretese di una band che vuole camminare sulle proprie gambe. Qualche spunto buono per la verità non manca, come la scanzonata "KISS try to kill me" o le seguenti "Easy peasy" e "Blood of the kings", ma mi sembra un bilancio un pò troppo magro per gridare al miracolo. I Black Spiders sono bravi musicisti ma hanno bisogno di tempo per acquisire la loro personalità e seguire un percorso che possa chiarire chi sono veramente.