Ad un solo anno di distanza dal loro album di debutto intitolato “Far Q”, che aveva ottenuto un riscontro più che positivo di pubblico e critica, i britannici Lower Than Atlantis provano a ripetersi con questo nuovo “World Record” che in parte si allontana dalle sonorità hardcore degli esordi per muoversi verso territori più rock.
12 tracce nelle quali il quartetto di (Hertfordshire) presenta un trend molto più melodico evidenziato ancor di più dalla performance del cantante Mike Duce che sembra aver accantonato le parti urlate a favore di linee vocali più pulite ma pur sempre efficaci.
Nonostante questo cambio di rotta la band riesce ad incuriosire l’ascoltatore grazie ad un riuscito e genuino mix tra potenza ed orecchiabilità, con ritornelli nella maggior parte dei casi accattivanti e sorretti da una struttura comunque solida ed incisiva.
Se nella prima parte il disco risulta molto gradevole con canzoni come “Beech Like The Tree” e “High At Five” capaci di entrarti in testa sin dal primo ascolto, nelle sue fasi conclusive il gruppo non sembra riuscire a mantenere il medesimo livello di qualità mostrando qualche carenza compositiva, pur non scadendo nella banalità.
In poche parole “World Record” mostra pregi e difetti di una formazione giovane che ha tutto il tempo per migliorarsi al fine di poter esprimere al meglio quelle sue potenzialità che oggi riusciamo solo ad intravedere.