“We Do What We Want”. Noi facciamo quello che vogliamo. Quattro parole che compongono il titolo del nuovissimo album degli Emery e racchiudono in maniera concisa quella che è stata la carriera della band a partire dagli esordi nel 2001 fino ad oggi.
Dieci anni esatti nei quali il quintetto di Seattle non ha mai tradito le aspettative debuttando con un disco, “The Weak’s End”, considerato da molti come un vero e proprio classico dell’emo-core moderno per poi virare verso sonorità più rock, condite da una inesauribile energia punk, nei successivi lavori “The Question” e “I’m Only A Man”, fino al più recente “In Swallow Seas We Sail”, uscito nel 2009, che segnava quasi un ritorno al passato, l’inizio di una transizione verso un post-hardcore di più ampio respiro.
Una transizione che si completa con questo “We Do What We Want”, decisamente l’album più heavy nella discografia del gruppo, che prosegue dunque quel trend aggressivo che già caratterizzava il suo predecessore senza però soffocare la vena romantica che i cinque hanno sempre valorizzato con melodie di pregevole fattura.
Hanno voglia di picchiare duro gli Emery ma lo fanno con eleganza perché il tastierista Josh, pur dilettandosi in urla potenti e disperate, presta anche molta attenzione al proprio strumento, cura gli arrangiamenti di ogni brano in maniera perfetta accompagnando la voce melodica del cantante Toby.
Diverse sono le canzoni degne di nota ma l’album si lascia particolarmente apprezzare per la sua compattezza, per il suo essere nel complesso equilibrato mostrando una maggiore longevità rispetto ai suoi predecessori e riuscendo dunque a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore sia nelle parti concitate che in quelle più soft, con pochi cali di tensione.
Forse troppe volte sottovalutati rispetto ad altre formazioni del genere, con questo disco gli Emery ci forniscono un ulteriore prova della propria creatività, continuando per la propria strada senza guardarsi indietro, continuando semplicemente a suonare e fare ciò che loro vogliono.