Terzo lavoro sulla lunga distanza per gli americani The Wonder Years che anche questa volta non sembrano voler cambiare le carte in tavola riproponendoci il loro solito pop-punk radiofonico di facile presa sull’ascoltatore, spensierato ma forse alla lunga anche un po’ monotono.
Pur volendosi cimentare nella realizzazione di un concept-album ispirato al racconto di Allen Ginsberg intitolato “America”, il sestetto della Pennsylvania presenta infatti il medesimo songwriting dei dischi precedenti, senza particolari impennate stilistiche e con quell’attitudine scolastica che va ancora tanto di moda nei territori d’oltreoceano.
Tematiche giovanili unite a soluzioni semplici e dirette costituiscono la formula base di queste 13 tracce che si lasciano comunque ascoltare con piacere perché sorrette da una base strumentale robusta, dove le tre chitarre si intrecciano dando vita a trame melodiche efficaci sfocianti in ritornelli “anthemici” che già stanno impazzando nelle college-radio americane.
Insomma anche nelle vesti di cantastorie i The Wonder Years, pur suonando alla grande, non cambiano il proprio registro realizzando un album dal forte potenziale commerciale ma un po’ carente di contenuti.
Se vogliono fare il salto di qualità devono impegnarsi un po’ di più.