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ENTER SHIKARI
A FLASH FLOOD OF COLOURS

Diciamocelo: sta cosa del “dubstep meets rock music” è arrivata al capolinea. Per un po’ ci ha divertito, non lo nego, ci ha preso bene, ma alla lunga è diventata difficile da giustificare, soprattutto alla luce di quella massa enorme di persone che sta cosa l’hanno presa sul serio (chi ha detto Korn? Skrillex?). Ragazzi, era un gioco, un guilty pleasure, identificarci una nuova frontiera della musica alternative non potrebbe essere più sbagliato. Prendiamo gli Enter Shikari. Questo “A flash flood of colours” è il loro terzo disco in cinque anni ed è palese che la band non sappia più che pesci pigliare. Il disco è brutto, ma brutto forte, in bilico costante tra trash e autocitazioni/autocelebrazioni che però hanno più il suono di “cover degli Enter Shikari suonate male”.
Undici tracce in cui vengono frullati insieme i precedenti due dischi senza un filo di logica, senza un’idea. Un disco che suona vecchio al primo ascolto. Prima accennavo al ruolo che questo tipo di suono dovrebbe avere nella vita di un sano fruitore di musica, ovvero puro entertainment. Coi primi due lavori (se vogliamo quasi più con il secondo), i quattro inglesi parevano aver colto la portata del loro progetto e avevano enfatizzato se vogliamo tutto quel lato ultra-tamarro fatto di basi, riff e cori atti solo a tirare in mezzo la gente, farla ballare e cantare a suon di “uo-oh” degni del più squallido dei dancefloor. Ecco qui la componente diciamo ludica del progetto viene meno, lasciandoci con un’accozzaglia di parti elettroniche e strumentali spesso mal amalgamate se non totalmente sconnesse e mal supportate da un utilizzo quasi completamente random delle parti vocali. E si torna quindi a bomba sulla gravità nel prendere/prendersi sul serio facendo queste cose.
Chiariamo: nel panorama hc e post-hc ci sono tanti esempi di contaminazioni con l’elettronica volti a sviluppare il suono, aprirlo ed innovarlo. Non è il caso degli Enter Shikari. Non lo è mai stato. La loro era la risposta a chi si chiedeva come potesse suonare un disco scritto da una qualsiasi band pseudo-HC del nuovo millennio e (re)mixato da GG D’Agostino. Una roba che, appunto, diverte per un po’, ma che poi finisce per lasciare il tempo che trova.

Manq
Voto: 4
TRACKLIST:

1.    "System..."     1:57
2.    "...Meltdown"     3:24
3.    "Sssnakepit"  3:26
4.    "Search Party"     4:06
5.    "Arguing with Thermometers"     3:22
6.    "Stalemate"     4:18
7.    "Gandhi Mate, Gandhi"     4:26
8.    "Warm Smiles Do Not Make You Welcome Here"     4:36
9.    "Pack of Thieves"     3:58
10.    "Hello Tyrannosaurus, Meet Tyrannicide"     3:44
11.    "Constellations"     4:59