I 36 Crazyfists sono un nuovo gruppo della Roadrunner records, un quartetto classico (voce, chitarra, basso e batteria) originario di Portland. Il loro genere è un metal alternativo che rientra nel gigantesco universo del crossover. L'album si apre con "Turns to ashes" che nel riff d'apertura fa subito venire alla mente i Deftones di Adrenaline: colpisce la voce di Brock Lindow, autore di tutti i testi, particolare ed emozionante. "One more word" è una canzone malata e incazzatissima, mentre "An agreement called forever" mostra l'anima emo del gruppo. "Eightminutesupsidedown" ha un riff tipicamente nu-metal devastante che sfocia in un ritornello assai melodico. "Slit wrist theory" è il loro singolo ed è un capolavoro: la tremolante voce di Lindow si intreccia con l'appassionante chitarra di Steve Holt nella strofa, mentre il ritornello è composto da due parti, una degna del miglior "Fred Durst" e l'altra che ti cattura immediatamente. "Bury me" è forse la traccia più cattiva dell'album, grazie anche alla presenza di Steev Esquivel degli Skinlab, mentre "Dislocated" è semplicemente martellante. In "Two months from a year" Lindow è eccezionale per le mozioni che riesce a trasmettere; "Chalk white" è un'altra grande traccia di marchio deftonesiano. "All I am" sente il basso di Mick Whitney "combattere" con la voce di Lindow, che è fantastica anche nella successiva Ceramic, ricordando per certi versi Mike Palumbo dei Glassjaw. L'album si chiude con "Circle the drain" e "Left hand charity", discreta ballata non al livello però degli altri pezzi.
I 36 Crazyfists entrano a pieno merito nell'elite dell'universo nu-metal/crossover a fianco di mostri sacri come Deftones e System Of A Down, soprattutto grazie al talento di Brock Lindow che non ha nulla da invidiare a Jonathan Davis & co.