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(HED) P.E.
BLACKOUT

…improvvisamente si spengono le luci: blackout! Arrivano così al gravoso test del terzo album gli (hed) Planet Earth, che hanno accolto in formazione l’ex chitarrista di Snot ed Amen Sonny Mayo al posto di Chad “Chizad” Benekos: da molti annunciato come una svolta commerciale nello stile del sestetto californiano, “Blackout” appare invece in sintonia con i precedenti lavori degli (hed)p.e., ed addirittura meno contaminato da modaiole sonorità hip-hop. “Ladies and gentleman, please welcome from Huntington Beach, California… are you ready to… destroy!”: la voce del celeberrimo ring announcer Michael Buffer è un intro memorabile per lo “scurrile” funky dell’opener “Suck it up”, che ci fa riatterrare sul “Pianeta Terra” a gran velocità… le sempre ironiche rime di M.C.U.D. alias Jahred rimbalzano sulla "intossicata, sovrannaturale, illuminata ed imprevedibile" “Bury me” mentre la classica “Dangerous” viene aggiustata da un velenoso scratch di DJ Product e dal drumming “alla Chad Smith” di B.C.; questa terna introduce “Blackout”, singolo dotato di un ritornello indimenticabile che fa trapelare l’ingovernabile indole “casinara” degli (hed)p.e.. Grosse potenzialità mettono in evidenza anche “Get away”, dallo svogliato andamento reggae (ma con un finale alla Jonathan Davis) ed il rappatissimo anthem “Crazy life” (irresistibile lo “shalala” nel chorus!) con tanto di introduzione alla Wu-Tang Clan. Le velleità mainstream di Jahred e compagni sono timidamente giocate da due canzoni dal fortissimo appeal melodico – la malinconica e riflessiva “Half the man” e la chitarra unplugged di “Other side”, un lento quasi soul –, inframmezzate e seguite da due tracce dal suono più hard, “The only one” e “Flesh and bone” (esemplificazioni concrete del famigerato “g-punk”, personalissima denominazione che gli stessi (hed) danno del loro sound); botta e risposta che sortisce solo parzialmente l’effetto desiderato e che contribuisce a generare incostanza e minore incisività nella parte centrale del disco.
I 44 secondi di intervallo della metallica “Octopussy” fanno scattare la volata finale in cui risaltano il particolare carattere reggae-folk di “Carnivale” ed i beat alla Nine Inch Nails di “Revelations” (in cui si sente la mano del produttore Machine, avvezzo all’industrial); tra le due comunque non sfigura “Fallen”, rap-rock d’ordinaria amministrazione per i sovrani incontrastati del genere.
“Blackout” non rappresenta una decisa evoluzione né una “svendita” pop per gli (hed) Planet Earth; come recita il testo di “Suck it up”, “it’s not the end of the world”… musicalmente parlando il terzo full-lenght della band con le parentesi tonde non è “la fine del mondo” ma non è neppure palesemente inferiore a capolavori assoluti come i due album che lo hanno preceduto, il che basta a fornirci una convincente prova di forza da parte della migliore band rap-metal sulla piazza.

Silvio52
Voto: 7
TRACKLIST:

1. Suck It Up
2. Bury Me
3. Dangerous
4. Blackout
5. Get Away
6. Crazy Life
7. Half The Man
8. The Only One
9. Other Side
10. Flesh And Bone
11. Octopussy
12. Carnivale
13. Fallen
14. Revelations