Dopo il successo planetario riscosso da "Hybrid theory" tornano i Linkin Park, capitanati come sempre dal duo di cantanti Chester Bennington e Mike Shinoda: c'era molta attesa intorno all'uscita di "Meteora" dal momento che dare un seguito ad un album che ha venduto milioni di copie non è mai facile.
Dopo l'intro di "Foreward" si inizia con "Don't stay" e subito ci si rende conto che le cose non sono cambiate: riff aggressivo ultraorecchiabile e inserti elettronici inseriti ad arte. Segue il singolo "Somewhere I belong" che a mio avviso è una delle canzoni più deboli dell'intero album. Si sale di tono con "Lying from you", che si accosta più a "Reanimation" piuttosto che a "Hybrid theory", e con "Hit the floor" che mette in mostra il lato più aggressivo della band. Altra caduta di tono con "Easier to run", in cui Chester sembra voglia assomigliare più a Justin Timberlake che a Chino Moreno... Fortunatamente segue poi il pezzo migliore dell'intero album "Faint", caratterizzato da un geniale uso dell'elettronica e da un ottimo incrocio dei due singers. "Figure.09" è un classico pezzo nu-metal, mentre "Breaking the habit", scelta come secondo singolo, è molto particolare: ritmo serrato e suoni vagamente eighties sono acompagnati da una delicata melodia di chitarra e dalla calda voce di Bennington. "From the inside" fa il verso a "In the end", mentre "Nobody's listening" è un pezzo molto hip-hop in cui M. Shinoda la fa da padrone. Dopo la strumentale "Session" si chiude l'album con "Numb" che inizia come un pezzo dei grandi Depeche Mode per poi essere rovinata dalla sindrome di Timberlake che affligge Chester in alcuni episodi di Meteora.
Difficile dare un giudizio a questa seconda prova dei Linkin Park: ci sono alcuni ottimi pezzi che forse non sono però abbastanza per giustificare l'acquisto dI un album che dura la miseria di 36 minuti…