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40 BELOW SUMMER
THE MOURNING AFTER
Dopo varie vicissitudini legate al cambio di etichetta, i 40 Below Summer si accasano infine alla Razor & Tie (vantando però la distribuzione a cura della Roadrunner) e sfornano “The mouning after”, il loro secondo lavoro (dedicato alla memoria di Dave Williams dei Drowning Pool), a distanza di due anni dal dignitoso “Invitation to the dance”. L’attacco iniziale è senz’altro dei migliori: il singolo “Self medicate”, nonostante un basso letteralmente trafugato ai Mudvayne, colpisce e fa centro grazie ad un testo semplice ma più che efficace inserito a dovere su un ineccepibile tappeto musicale; il dotato vocalist Max Illidge si conferma facilmente l’“m.v.p.” del quintetto, dato di fatto che, paradossalmente, rischia di tarpare le ali alla band nel suo insieme, essendo a tratti palese come i restanti quattro musicisti spesso pendano, metaforicamente e/o letteralmente eccessivamente dalle labbra del cantante… a dimostrazione di ciò “Taxi cab confession” è introdotta da un cantato capace di trasmutare, nel giro di pochi secondi, dallo spoken word, ad un semi-rap, passando per uno screaming, fino al puro melodico; con “Rain” (chiusa da un piano suonato dal batterista peruviano Carlos Aguilar) è il turno di dare risalto all’ingrediente grunge del suono dei 40 Below Summer, dando via libera allo spleen mentre con la successiva “Breathless” è chiaro il tentativo di bissare i buoni risultati melodici ottenuti da “Wither away” e “Power tool” sul precedente lavoro, ma l’esito non è il massimo, dando luogo ad una canzone leggera ai limiti dell’anonimato. Auspicato e ben accolto, quindi, il ritorno di fiamma di “Better life”, dalla classica struttura nu-metal (strofa potente e rappata, ritornello cantabile), obiettivamente non trascendentale ma in grado di movimentare a dovere un album dal ritmo pericolosamente a singhiozzo: il tiro delle ballate è tutto sommato aggiustato dalla più invitante “Monday song”, mentre la bandiera del versante metallico rimane a mezz’asta con la seguente “F.E.” (acronimo che sta per “Fuck everyone”) che vede la collaborazione di Cristian Machado degli Ill Niño (che restituisce il favore a Max, presente su “Confession” con “Have you ever felt?”), “reo” di contagiare i colleghi con risparmiabilissimi beat pseudo-tribali nel pre-ritornello. Ci si allontana ulteriormente dal format rap-metal con “Awakening”, nuova ballad tutta (o quasi) chitarre blande ma dal più che discreto refrain e con l’impalpabile “Alienation”, dove l’ordinaria amministrazione vocale di Max Illidge è tale da mettere, per una volta, in mostra le frecce all’arco dei suoi compagni (Hector Graziani al basso, Joe D’Amico e Jordan Plingos alle chitarre oltre al già citato Carlos Aguilar). “A season in hell” riporta in primo piano l’attitudine più metal della band, prima di commutarsi “magicamente” nell’ennesima apertura melodica… allo scoccare del dodicesimo minuto di questa decima traccia, troviamo poi “The day I died”, mesto epilogo nascosto in cui torna a dominare la componente malinconica riscontrata in “Rain”.
Questa seconda prova dei 40 Below Summer si colloca un gradino sotto la precedente uscita, evidenziando un deciso abbandono della peculiare componente rap del loro stile ed addirittura spesso fallendo nel ribadire le buone avvisaglie musicali del passato (forse a causa della non clamorosa produzione del semi-sconosciuto David Bendeth): per questa volta il fuoriclasse del team, Max Illidge, salva i suoi in “zona Cesarini”, ma in questo “The Mouning after” si respira a tratti l’aria della delusione…
Silvio52
Voto: 6
TRACKLIST:

01. Self Medicated
02. Taxi Cab Confession
03. Rain
04. Breathless
05. Better Life
06. Monday Song
07. F.E.
08. Awakening
09. Alienation
10. A Season In Hell