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ENDO
SONGS FOR THE RESTLESS
A giudicare dal titolo del primo album degli Endo, “Evolve”, datato 2001, il dna musicale di questo quartetto originario della Florida era aprioristicamente destinato ad un’evoluzione; l’ascolto di “Songs for the restless”, in effetti, rimarca un insindacabile cambiamento di rotta, poiché il rap-metal sporcato da componenti industrial sperimentato con “Evolve” è stato visibilmente accantonato in favore di uno stile catalogabile come un moderno hard rock contaminato da elementi grunge e dalla velata ispirazione di un inarrivabile santone quale Maynard James Keenan.
Il nuovo corso degli Endo ha perciò inizio con “Clean sheets (and a dirty mind)” e con il singolo “Simple lies”, la prima opener dal buon ritmo, figurante anche chitarre acustiche spizzicate ed addirittura archi, la seconda, decisivo punto di forza dell’intera opera, perfetta nella scansione tra una strofa dominata dalla sezione ritmica ed un ritornello prima detonante e quindi emozionale nel suo dipanarsi: duetto d’apertura che pone l’accento sulla valenza introspettiva dei testi dell’istrionico singer Gil Bitton, il quale evidenzia, nonostante la rinuncia alle sfaccettature mansoniane oltre che a quelle rap del suo stile, capacità e personalità comunque invidiabili. Il passo seguente, però, non è così persuasivo in quanto la smielata “For you” appare come una risibile imitazione degli Incubus più recenti mentre la comunque non malvagia “Remember us” potrebbe essere interpretata come un masochistico e letterale invito a rimembrare la furia nu-metal che impregnava maggiormente il lavoro precedente e che potrebbe venire rimpianta da più di un ascoltatore… La lodevole “In time we’ll fall” toglie prontamente le castagne dal fuoco, grazie al sempre duttile Bitton, altalenante tra un cantato decisamente power-pop prossimo ad Alien Ant Farm o Hoobastank e growl post-hardcore e al buon lavoro del nuovo batterista Joe Eshkenazi (il quale è andato a rimpiazzare Joel Suarez). La seguente “Circles” è una triste ballata semi-acustica trasudante spleen in puro stile Staind: il risultato, assolutamente non epocale, è a tutti gli effetti una sorta di time-out prima del ritorno di vigore rappresentato dalla efficace “Madness”, al cui servizio è posta una nervosissima linea vocale servita da Gil Bitton e dalla “sevendustiana” “Enemy”, puntellata dal basso slappato del valido Zelick. Il metal è l’ingrediente principale delle portate seguenti: sebbene la solida ed accusatrice “Shame” invogli l’head-banging, faticherebbe non poco a scatenare il pogo… la decima traccia “I won’t die”, si ridesta quasi disperatamente con un rabbioso refrain dopo una strofa metaforicamente “moribonda” mentre l’impennata conclusiva dell’album è costituita dalla ruvida “Ruckus”, sezione ritmica in gran spolvero per una canzone veloce dal degno finale caotico e dalla ragguardevole “Slowly turning”, che chiude positivamente l’ascolto di questa seconda fatica targata Endo.
Tralasciando annose considerazioni in merito alla riuscita della (comunque lodabile?) metamorfosi stilistica degli Endo e volendo valutare esclusivamente l’offerta attuale della band, questa collezione di “Canzoni per gli Irrequieti” appare forse ancora troppo acerba in più di un frangente, nonostante alcune vette sopra la media, per essere meritevole di un’approvazione senza remore… approvazione che equivarrebbe senz’altro alla definitiva evoluzione della specie.
Silvio52
Voto: 6.5
TRACKLIST:

1. Clean sheets (and a dirty mind)
2. Simple lies
3. For you
4. Remember us
5. In time we'll fall
6. Circles
7. Madness
8. Enemy
9. Shame
10. I won't die
11. Ruckus
12. Slowly turning