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ALIEN ANT FARM
truANT

Nell’immaginario collettivo dei fruitori del multicolore universo del nu-metal, il nome degli Alien Ant Farm è divenuto ingiustamente sinonimo di facile ed immeritato successo acquisito grazie allo sdoganamento al grande pubblico di una cover di sicuro appeal come quella “Smooth criminal” di Michael Jackson, nata quasi per scherzo ed in seguito promossa a singolo vincente di “ANThology”; lo sforzo di voler scrutare oltre le apparenze, offre un’illuminante visione d’insieme sul suono del quartetto californiano, a cui si deve rendere atto di non essere una mera “cover band”, bensì una realtà del panorama del moderno rock alternativo.
Prodotto da un duo d’eccezione, vale a dire i fratelli Dean e Robert DeLeo, rispettivamente chitarra e basso dei gloriosi Stone Temple Pilots, “truANT”, questo il titolo del secondo lavoro degli AAF, attacca con il ruggente riff alla Weezer di “1000 days”, che nei suoi versi (“Speeding faster towards disaster") fa velatamente riferimento all’incidente stradale che coinvolse la band nel 2002 ed in cui rimase gravemente ferito il frontman Dryden Mitchell… è tangibile quindi già con la scattante “Drifting apart” la volontà di volersi lasciare alle spalle i tragici ricordi legati a questa esperienza. La vivace “Quiet” pesca l’ennesimo ritornello intriso di senso melodico quasi beatlesiano dalla fornitissima dispensa infestata dalle “Formiche Aliene”, ma la strofa che lo introduce non è da meno… la briosa “Glow” riesuma quasi fedelmente, sfiorando il plagio, l’aria da marcetta di “Hitchin’ a ride” dei Green Day, calando un altro poker con il chorus, tra chitarre unplugged, “handclaps” e percussioni. Singolo chiama singolo ed è il turno di “These days”, nuovo sposalizio tra nu-metal e power pop recuperato dal primo album indipendente della band con un’ulteriore riverniciata di “nineties sound” per cortese concessione dei DeLeo Bros. “Sarah Wynn” poco aggiunge a quanto ascoltato fin qui e di conseguenza, per non rischiare di calcare troppo la mano, il giro di boa di “truANT” corrisponde puntualmente alla reggaeggiante, jazzata “Never meant”, che mostra tutti i potenziali numeri di eclettismo (tromba, organo e kalimba fanno la loro figura) a disposizione del combo di Riverside; “Goodbye” trasborda nuovamente sul cammino della mediocrità commettendo addirittura un clamoroso autogol in quanto il giro di chitarra della strofa risulta troppo simile a quello già composto da Terence Corso per la settima traccia di “ANThology”, “Attitude”. Un’inusitata atmosfera caraibica permea i quattro minuti di “Tia Lupé”, deviando efficientemente, grazie a fiati, percussioni, piano e chitarra acustica, dalla troppo lineare strada maestra re-imboccata poc’anzi e giungendo per di più al momento topico del disco con “Rubber mallet”, sincopata, funkeggiante e la superba “S.S. Recognize”, deflagrante ed accostabile quanto ai primi Incubus quanto ai Deftones più “adrenalinici”. Ultima fermata: “Hope”, ballata con cui Corso insiste, sullo sfondo di un’orchestra di archi, a strimpellare un’acoustic guitar, un po’ Frusciante, un po’ mariachi…
Volendosi ricondurre allo scenario da high-school delineato dall’artwork di “truANT” (termine che, non a caso, indica uno studente dedito all’“arte” di marinare la scuola…), si potrebbe scolasticamente sentenziare che “i ragazzi sono bravi, ma potrebbero ottenere di più applicandosi maggiormente”, magari prestando meno orecchio all’allegorica campanella della ricreazione del redditizio pop rock radiofonico (campo in cui dimostrano comunque di eccellere) e puntando sulla componente più eccentrica del proprio stile (seguendo le orme di due band poste sotto la loro ala protettrice come Dredg e Apex Theory), perlomeno per scrollarsi di dosso quella fastidiosa sottovalutazione, effetto collaterale della cover che ha catapultato gli Alien Ant Farm tra i capiclasse del nu-metal…

Silvio52
Voto: 6,5
TRACKLIST:

1. 1000 Days
2. Drifting Apart
3. Quiet
4. Glow
5. These Days
6. Sarah Wynn
7. Never Meant
8. Goodbye
9. Tia Lupé
10. Rubber Mallet
11. S.S. Recognize
12. Hope