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DIRTY AMERICANS
STRANGE GENERATION
I Dirty Americans nascono nel gennaio 2001 dopo lo scioglimento dei Workhorse Movement, un gruppo sotto contratto con la Roadrunner e che può vantare concerti a supporto di gente del calibro di Slipknot, Disturbed e Pitchshifter.
Dalle ceneri dei WM sono risorti i tre elementi fondamentali rispondenti ai nomi di Myron (vocalist), Jeff Piper (chitarrista) e Pete Bever (bassista); il quarto elemenento mancante assume le sembianze di Jeremiah Pilbeam, un polistrumentista che, rispondendo ad un semplice annuncio sul giornale per mano di Piper, si è guadagnato il posto fisso di batterista. La leggenda inoltre attribuisce proprio all'ultimo acquisto il nome della band: Myron chiese a Pilbeam in che genere di band volesse suonare e lui rispose "in una sporca rock band americana!"... Dirty American rock band = Dirty Americans.
La differenza tra Workhorse Movement e Dirty Americans è pressochè inconfutabile; dal crossover degli albori il terzetto (più uno) di Detroit ha optato per una derapata sonora andando a riscoprire le atmosfere proprie di quel tipico rock americano in voga circa tre decenni or sono, esternando attraverso le proprie canzoni una viscerale ammirazione per il rock di Led Zeppelin e Black Sabbath su tutti; idee musicali facilmente riconducibili allo stile delle realizzazioni a cavallo degli anni '70 il cui gusto retrò è facilmente scovabile in canzoni quali "No Rest", "Strange Generation", "Burn You Down", "Dead Man", "Control" e "Deep End". La passione per il revival viene comunque smorzata da produzioni più attuali quali "Time In Space" e "Way To Go", due canzoni moderniste paragonabili ad intuizioni classicamente marchiabili Queens Of The Stone Age.
Il cambio di direzione (sonora s'intende) non ha comunque impedito alla band di poter condividere il palco con mostri sacri quali Metallica, Monster Magnet, Motorhead, Alice Cooper, Korn, Green Day eccetera più numerosissime date sold out un pò in tutto il mondo.
Nel catalogo Roadrunner vi è attualmente solo un'altra band sintonizzabile sulle stesse frequenze dei Dirty Americans: gli Open Hand. stesso netto cambio di direzione tra passato e presente (e futuro?), stessa passione per le vecchie radici hard-rock, stesso paragone con i pluricitati Queens of The Stone Age, stessa voglia di fare musica, stesso stile di scrivere canzoni; l'unica differenza è che i Dirty Americans lo fanno meglio, potendo vantare maggiore esperienza e sicuramente membri dotati di migliori capacità e maggiore livello di tecnica individuale.
Tempo
Voto: 7
TRACKLIST:

01. No Rest
02. Car Crash
03. Strange Generation
04. Burn You Down
05. Time In Space
06. Give It Up
07. Deadman
08. Control
09. Deep End
10. Way To Go
11. Light-Headed
12. Chico
13. We Were Young