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TRUST COMPANY
TRUE PARALLELS

Non mi colpirono particolarmente con il precedente "The Lonely Position Of Neutral" e con il nuovo "True Parallels" non han fatto altro che confermare le mie aspettative; in questo breve incipit potrebbe essere riassunta la mia considerazione, passata e presente, di una band forse eccessivamente sopravvalutata al contrario, ahimè, di altre band decisamente più meritevoli ma molto meno fortunate.
Il mio primo impatto con i Trust Company avvenne esattamente in data 1 settembre 2002, giorno in cui debuttarono live in Italia accompagnando Korn e Puddle Of Mudd in quel di Reggio Emilia; la prima impressione fu sicuramente positiva, la loro performance mi piacque abbastanza e cercai così di accaparrarmi il loro disco per rimanerne poi purtroppo quasi indifferente: buoni spunti, positive le premesse e le promesse, ma nulla di sensazionale, i Trust Company per me divennero semplicemente un'altra band aggiuntasi in un roster che poteva offrire certamente di peggio, ma altrettanto certamente vi erano gruppi in grado di fare molto meglio.
Per questo motivo non mi attendevo granchè dal loro secondo album e ritengo di aver avuto ragione: "True Parallels" ricalca sostanzialmente i punti fondamentali di "The Lonely Position Of Neutral", cioè anima melodica appesantita da qualche buon riff e piccole dosi di screaming pasturate assieme a basse (bassissime) percentuali di aggressività sonora. Se dovessi paragonare questo disco alle ultime produzioni dell'immenso catalogo grooveboxiano lo definirei un ibrido a metà tra lo stile dell'ultima ottima fatica (mia personalissima opinione, ovviamente) dei Papa Roach "Getting Away With Murder" ed il terribile (sempre mia personalissima opinione, ovviamente) "Endangered Species" dei Flaw; ridondanza ciclica nei ritornelli di turno, poche le differenze tra una canzone e l'altra, poche le cose veramente degne di nota. La prima metà del disco merita comunque miglior citazione rispetto al resto, perlomeno nelle prime tre-quattro canzoni i Trust Company provano a creare qualcosa di buono soprattutto in "Stronger" e "The War Is Over", andando poi a scemare lentamente verso un oblìo al limite della noia e della ripetizione cronica. Esattamente come nel disco precedente, con l'aggravante di un difetto denominato 'minestra riscaldata'.
Insensata infine la scelta di aggiungere altre 29 mini-tracce silenziose da 5 secondi l'una (sebbene allunghino il disco di soli 2 minuti); l'inserimento della cover di "Rock The Casbah" dei Clash, canzone inizialmente prevista nella tracklist provvisoria, avrebbe invece aumentato il livello dell'album rendendolo almeno più appetibile, nel limite del possibile.
L'irritazione derivante dalla scontata monotonia del disco quindi non fa altro che aumentare le mie personali motivazioni per assegnare un sonoro schiaffo morale come mai in passato (per quanto possano valere le mie opinioni), un album noioso, insulso ed insignificante che potrebbe forse segnare la fine di questa band. In pochi ne sentirebbero la mancanza.

Tempo
Voto: 4,5
TRACKLIST:

01. Stronger
02. The War Is Over
03. Surfacing
04. Slave
05. Fold
06. The Reflection
07. Breaking Down
08. Someone Like You
09. Crossing The Line
10. Silently
11. Erased
12. Without A Trace