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OTEP
HOUSE OF SECRETS
Otep Shamaya è una delle ragazze più belle che io abbia mai visto, lasciatemelo dire. E credo che siano in molti ad avere i miei stessi gusti.
Ma la bionda cantante non è solo bellissima: è anche dotata di buone write-skills, intrise di emozionale vena poetica spesso tramutata in testi dal significato oscuro e coinvolgente, mai troppo banali o nonsense, spesso trattanti temi delicati come le ingiustizie e la politica in generale.
Ma la sempre bionda cantante non è solo bellissima e poeticamente polemica: è anche una delle voci più rispettate ed incredibili del mondo metal, in grado di lanciare growl da fare invidia ad un qualsiasi suo collega maschietto, una potenza gutturale in perfetta contrapposizione al suo status di dolce e tenera biondina (anche se iper-tatuata), una leonessa sempre pronta a mostrare i propri graffianti artigli per ritagliarsi il proprio spazio in una savana sovraffollata da dominanti elementi più o meno virili.
Il ritorno sotto i riflettori avviene un paio d'anni dopo il primo full-length ufficiale "Sevas Tra" (luglio 2002) prettamente costruito su sonorità nu-metal adeguatamente indurite quel che basta per cercare di marcare ulteriormente la differenza dal resto della combriccola neometallara. Come se avere una donna in grado di emettere growl impressionanti non fosse già abbastanza.
"House Of Secrets" avrebbe potuto benissimo ricalcare il suo predecessore, limitandosi semplicemente a colmare le lacune emerse, ma così non è stato: il nuovo lavoro guadagna in potenza e violenza, decisamente più duro sostituendo il 'nu' in elementi derivanti dal grezzo deathcore/metalcore classico: prodotto da Greg Wells (il quale ha lavorato anche con altri famosi artisti come Deftones, Michelle Branch ed Elton John) e registrato ai Rocket Carousel Studios di Los Angeles, il disco vede anche la collaborazione del batterista degli Slipknot, Joey Jordison, il quale ha suonato in sei canzoni; la presenza di Joey coincide (non a caso) con le canzoni prettamente più heavy, rabbiose, furiose, insteriche, le quali vanno ad incastrarsi nella prima metà del disco per poi dissolversi in ritmiche più contenute ma decisamente più tormentate, agonizzanti, inquietanti, psicotiche.
"Warhead" (fischiante bordata indirizzata allo stomaco di George W. Bush), "Buried Alive", "Sepsis" e "Hooks And Splinters" si scagliano con violenza inaudita 'contro' le orecchie dell'ascoltatore, salvo poi virare verso le atmosfere più angosciose, oscure, quasi teatrali create da "Gutter" (non proprio una vera canzone), "Autopsy Song", e "Suicide Trees"; la palese pecca di Otep (Shamaya) è quella di non essere in grado di fornire un cantato melodico, passando direttamente da parti 'spoken' a furiose accelerazioni in growling. Di queste improvvise, a sprazzi gratuite, eccessive differenze senza una equilibrata via di mezzo ne risentono inevitabilmente anche gli altri strumenti, i quali si trovano a dover così sacrificare una coerente linearità del grafico sonoro a favore purtroppo di pentagrammi spezzettati, talvolta fastidiosi ed evitabili.
L'album dunque si assesta su livelli di sufficienza e null'altro: cose buone certamente, ma assai poco entusiasmanti e moderatamente coinvolgenti, ma che troveranno certamente un buon gruppo di estimatori tra i filosofi del tenebroso mondo death metal e della violenza sonora in generale.
Tempo
Voto: 6
TRACKLIST:

01. Requiem
02. Warhead
03. Buried Alive
04. Sepsis
05. House Of Secrets
06. Hooks And Splinters
07. Gutter
08. Autopsy Song
09. Suicide Trees
10. Nein
11. Self-Made
12. Shattered Pieces