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CALIBAN
THE OPPOSITE FROM WITHIN
Ennesima new entry nel roster Roadrunner, scuderia ormai sempre più dedita all'ingaggio di compagini tendenziosamente metalcore/hardcore come mai in passato: stavolta i padiglioni auricolari dei talent-scout sono stati indirizzati verso il Vecchio Continente, e più precisamente in quella Germania patria natale di questi Caliban, gruppo nato nel 1998 e cresciuto sotto l'ala protettiva della Lifeforce facendo della furiosa violenza sonora il proprio cavallo di battaglia.
Una storia vecchia come il mondo, se si vuol sfondare è fondamentale scendere a compromessi: il combo teutonico non è da meno ed in men che non si dica voilà, un ritocco qua, uno là ed il nuovo abito è pronto per essere indossato, accuratamente cucito in quella gloriosa sartoria denominata appunto Roadrunner. L'approdo al pianeta metalcore di nuova generazione non può non includere il pagamento di un dazio morale, e cioè subire paragoni più o meno graditi con quelli che, secondo la stragrande maggioranza di addetti ai lavori e non, devono per forza di cose essere assurti a padri fondatori di codesta nuova ondata: due parole per un solo nome, più sinteticamente Killswitch Engage.
Attribuzione quanto mai di comodo, un pò come reputare i Korn gli inventori del nu-metal. No, non è così, i nuovi generi musicali non nascono di punto in bianco ma richiedono sempre inesorabili processi di formazione in attesa della venuta del proprio Messìa, lo spirito guida che si occuperà di diffondere nel mondo la nuova parola: è capitato ai Korn con il nu-metal, sta capitando ai Killswitch Engage con il nuovo metalcore. Nessun padre fondatore ma solo padri putativi (o adottivi se preferite), scelti unicamente perchè essi più che altri hanno contribuito all'esplosione dei generi di appartenenza. Esplosione appunto, non certo invenzione. Per questo mi vien da ridere quando sento gente che nel 2004 festeggia dieci anni di vita del nu-metal "perchè 'Korn' è uscito nel 1994". Ma questa è un'altra storia.
Tornando al disco, nessuno può negare che "The Opposite From Within" sia influenzato appunto dai neo-compagnucci di stanza (intesa come casa discografica) KSE; scelta tuttavia nemmeno troppo esasperata, riuscendo a mantenere molti degli elementi europei presentati ad inizio carriera e pescando inoltre dal panorama scandinavo (In Flames über alles), intersecandone fedelmente le linee guida più caratteristiche e caratterizzanti. Riff devastanti, strofe in screaming, improvvisi cambi di marcia e giusta quantità di ritornelli "melodici ma non troppo", evitando coscienziosamente l'abuso di clean vocals o comunque facendolo molto meno di quanto avrebbero potuto fare per renderne maggiore l'accessibilità e l'orecchiabilità. Tutto rimane ugualmente molto catchy e molto accattivante. "Tutto molto bello" direbbe Bruno Pizzul.
Già, perchè sebbene quest'album goda di molteplici ispirazioni, è innegabile che i Caliban riescono comunque a dare un tocco di propria personalizzazione e le canzoni realizzate raggiungono elevati picchi di caratura: la produzione è assolutamente mostruosa - in senso positivo - la qualità del suono è decisamente esemplare e la struttura delle tracce è solida e ben definita, il che rende "The Opposite From Within" un lavoro degno di nota, qualcosa che lascerà un segno palpabile e profondo nella memoria di questo genere come pochi altri dischi hanno saputo fare. Il ritmo e la tensione vengono costantemente tenuti alti dall'inizio alla fine, presentando squisiti spunti in ogni parte del disco: "The Beloved And The Hatred", "Goodbye", "Stigmata", "Certainty...Corpses Bleed Cold" e "100 Suns" sono con tutta probabilità le migliori foto ricordo che quest'album possa vantare, senza rischiare di tramutarsi in armi a doppio taglio; nonostante qualche solita critica espressa da navigati e compassati metallari fautori di una nuova pseudo-crociata volta a debellare questo modaiolo fenomeno musicale (come già tentato precedentemente con l'odiato e blasfemo spauracchio nu-metal) i Caliban vanno sicuramente annoverati tra le migliori proposte di un 2004 indubbiamente sterile (o comunque non troppo generoso) per quanto concerne pubblicazioni realmente meritevoli e interessanti; il metalcore odierno è un filone che sta sempre più prendendo piede e molti saranno coloro - gruppi, case discografiche, fans, webzine, televisioni, radio, agenzie di concerti - che ne cavalcheranno, a torto o a ragione, l'onda suscitata dal clamore creatosi attorno a queste sonorità.
Quindi vi dico, se il metalcore odierno rientra frequentemente nei vostri ascolti, questo lavoro non può non trovare posto nel vostro stereo.
Tempo
Voto: 7
TRACKLIST:

01. The Beloved And The Hatred
02. Goodbye
03. I've Sold Myself
04. Standup
05. Senseless Fight
06. Stigmata
07. Certainty... Corpses Bleed Cold
08. My Little Secret
09. One Of These Days
10. Salvation
11. Diary Of An Addict
12. 100 Suns