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DARKEST HOUR
UNDOING RUIN
Spesso accade che una casa discografica scelga di sponsorizzare il nuovo album di una band sotto contratto solo perché la band in questione assume i connotati di una funzionante e funzionale macchina da soldi. Altre volte invece succede che una casa discografica decida di investire massicciamente tempo e denaro per sponsorizzare e pubblicizzare il più possibile una band nella quale crede ciecamente e fermamente, al punto di spingersi sino all’utilizzo dell’espressione “album of the decade”.
Ed è proprio questo ciò che la Victory Records ha cercato di fare con i Darkest Hour, pubblicizzando in pompa magna “Undoing Ruin”, ultima fatica in ordine di tempo di questo gruppo proveniente da Washington il quale, dopo una gavetta, o meglio una 'carriera non troppo esposta alla luce dei riflettori', lunga quasi dieci anni (sono in giro dal 1996), approfitta dell’incredibile appoggio mediatico fornitogli dalla label cercando di sfondare il più possibile, tentando di iscrivere di diritto il proprio nome nella virtuale ‘hall of fame’ del metal.
Il rischio di esagerare e di prendere un colossale granchio è stato dietro l’angolo fino al giorno della pubblicazione, anche a causa dei paragoni eccellenti forniti dalla stessa Victory (tecnica non nuova alla compagnia, vedi “Strength Through Vengeance” degli A Perfect Murder), ma se ciò non ha spaventato né l’etichetta né tantomeno i Darkest Hour un motivo c’è: l’album ha infatti ricevuto una quantità incredibile di consensi e critiche esaltate ed esaltanti, il numero dei fans è aumentato in maniera esponenziale e, conseguentemente, anche il portafogli della band non ha potuto far altro che sorridere di gusto alla situazione. E tutto ciò senza svendersi alle leggi del mercato, senza inserire aperture melodiche come ad esempio hanno recentemente osato gli As I Lay Dying in “Shadows Are Security” (vedi recensione), senza snaturare o rinnegare quanto creato negli anni passati.
“Undoing Ruin” è prettamente un album di death metal svedese, ma certamente non mancano influenze del tipico thrash e dell’hardcore moderno; la differenza con le ultime produzioni offerte dal mercato sta inoltre nel fatto che i Darkest Hour siano in primo luogo musicisti dotati di una tecnica eccezionale, e ciò conta non poco.
Intriso di feroce cattiveria dal primo all’ultimo secondo, unitamente ad un songwriting finalmente personalizzato e mai banale, il disco risuona con devastante e variegata potenza dando occasione all’ascoltatore di aprire la propria valvola di sfogo, una violenza raffinata, a sprazzi ruffiana, che non smette mai di spingersi fino al limite, potendo contare su un groove inconfutabilmente brutale ed assassino, incastonando inoltre due intermezzi strumentali quali “Pathos” e “Ethos”; ascoltare esplosive perle del calibro di “This Will Outlive Us”, “Sound The Surrender” e “District Divided” è un dovere morale al quale devono obbligatoriamente adempiere in primis tutti gli amanti di death metal, hardcore et similia, ma contemporaneamente è da considerarsi apprezzabilissimo anche da parte dei più estranei al genere.
Tempo
Voto: 7
TRACKLIST:

01. With A Thousand Words To Say But One
02. Convalescence
03. This Will Outlive Us
04. Sound The Surrender
05. Pathos
06. Low
07. Ethos
08. District Divided
09. These Fevered Times
10. Paradise
11. Tranquil