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TAPROOT
BLUE-SKY RESEARCH
La parola “taproot” si traduce in italiano con il termine botanico “fittone”, che sta ad indicare la radice principale di un vegetale, che si accresce fortemente rispetto a quelle secondarie… per la pianta dei Taproot, band sbocciata e da sempre ben fissata nel fertile terriccio del metal moderno, il tempo del terzo (fatidico?) album coincide con il ciclo della maturazione: la crescita sotterranea delle radici ha permesso al gruppo di ottenere forza, solidità e credibilità ottimali grazie ai quali il giovane arbusto di “Gift” e “Welcome” ha resistito senza affanni alle “intemperie” che hanno decimato e devastato, nel corso degli anni, il bosco del nu-metal… è giunto quindi il momento della crescita slegata ed esponenziale, i vigorosi rami dei Taproot sono ora liberi di prosperare in spazi inediti e di tendersi verso nuovi e svariati orizzonti, di affrancarsi dalle fronde ombrose e di cercare di svettare sullo sfondo di un cielo terso ed azzurro.
I semi di “Blue-sky research” sono stati piantati dal quartetto del Michigan con l’aiuto delle sapienti mani di collaboratori d’eccezione: oltre al producer Toby Wright (che già aveva convinto sul precedente “Welcome”) ed al tecnico Chris Lord-Alge, il quale ha curato il missaggio del disco, hanno donato il proprio apporto personaggi apprezzati ed autorevoli quali il leader dei fu Smashing Pumpkins (nonché degli Zwan) Billy Corgan (non nuovo a simili incursioni nel campo dell’alternative rock di nicchia, avendo già incrociato la strada di Blindside e Breaking Benjamin), il produttore Bob Marlette (responsabile dell’affermazione di Saliva, Ill Niño e Seether) e quel Jonah Matranga – già nei Far e negli Onelinedrawing – visto di recente all’opera su più di una traccia della raccolta di rarità dei Deftones. Il nome dell’ex “zucca” si legge nei credits di “Violent seas” (mid-tempo post-grunge che sa di Stone Temple Pilots ed Audioslave), di “Lost in the woods” (brano dalla melodia piuttosto solare, che non a caso può rimembrare la parte più zuccherina degli agrodolci Pumpkins) e di “Promise”, canzone dal piacevole appeal retrò (stessa impressione suscitata anche dalla primaverile “April suits”) che suggerisce l’idea dei Foo Fighters che coverizzano un’evergreen di Buddy Holly; Marlette è invece co-autore di “Birthday”, pezzo che ricorda i recenti Dredg in salsa pop e delle non del tutto convincenti “Forever endeavor” (gioco di parole con “forever and ever”) e “She”, mentre Matranga firma il singolo “Calling”, abbastanza accattivante e ben arrangiato ma che paga lo scotto di un becero ritornello (“c-c-c-calling” fa il verso al “F-f-f-falling” dei The Rasmus…). Il cd è perfezionato dall’aggiunta del nu-grunge di “Nightmare”, del lezioso semi-emo di “So eager”, della pregevole interpretazione del migliore Deftones-style di “Facepeeler” e soprattutto dall’equilibrio sopraffino tra ricamate melodie e sfuriate quasi hard-core ottenuto con “I will not fall for you” e dalla duplice traccia finale, “Blue-sky research/What’s left”, in cui un rilassante intro strumentale new age anticipa un liberatorio scoppio di foggia “screamo”.
Nonostante alcune perdonabili défaillance ed imperfezioni, l’albero dei Taproot genera i succosi frutti sperati: la “ricerca del cielo blu” è dunque metafora del raggiungimento, da parte della band, di uno smagliante eclettismo e di un’armoniosità invidiabile… il primo passo verso il superamento dei propri limiti (le radici) e la definitiva consacrazione tra i pilastri del rock del duemila.
Silvio52
Voto: 7,5
TRACKLIST:

1. I Will Not Fall For You
2. Violent Seas
3. Birthday
4. Facepeeler
5. Calling
6. Forever Endeavor
7. April Suits
8. Lost In the Woods
9. So Eager
10. She
11. Promise
12. Nightmare
13. Blue-Sky Research/What's Left