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SOIL
TRUE SELF
Nati durante il culmine dell’ondata nu-metal, i Soil riuscirono comunque a guadagnarsi abbastanza credito nonostante la numericamente strabordante concorrenza nel panorama americano, grazie al buon LP “Scars” pubblicato nel 2001, un prodotto da molti collocato a metà tra i Disturbed ed i Deftones appesantito da tendenze inequivocabilmente metal: non proprio quel che potrebbe essere definito un ‘must’ ma certamente un disco da conoscere.
Il successivo declino di questo genere musicale ha però notevolmente indebolito l’interesse verso questi gruppi minori, provocando scioglimenti o, come nel caso degli stessi Soil, nuove pubblicazioni (“Redefine”, 2004) qualitativamente piatte e passate del tutto inosservate. ‘Quando la polvere si sposterà, resteranno solo gli eroi’: ma se gli eroi in questione si chiamano Korn, Deftones, System Of A Down e compagnia bella è alquanto facile capire quanto arduo possa essere tenere botta per le compagini minori, dovendo arrendersi di fronte all’implacabilità ed alla spietatezza del mercato. Si aggiunga lo split dalla casa discografica e la conseguente migrazione del vocalist Ryan McCombs verso lidi forse più sicuri e gratificanti (Drowning Pool) e sarebbe stato logico attendersi la definitiva scomparsa di questo progetto. Ed invece no.
Dall’addizione nuovo vocalist (A.J. Cavalier) più nuova label (DRT Entertainment) nasce “True Self”, 43 minuti di nuova musica con Ulrich Wild (Breaking Benjamin, Taproot, Static-X) in cabina di produzione: lo stile ripresentato non si discosta dalla solita proposta firmata Soil, accarezzando congetture Disturbed inzuppate di hard-rock, facendo la spola tra accelerazioni alla Drowning Pool (guarda caso...) e rallentamenti che sanno molto di Breaking Benjamin; la prestazione del nuovo cantante ricalca sostanzialmente i punti del suo predecessore, non facendolo rimpiangere ma nemmeno dando una fondamentale e vigorosa sterzata stilistica, bravo indubbiamente bravo ma incapace di dare quel concreto scossone necessario per spiccare il volo.
In poche parole un’altra release che va ad aggiungersi senza infamia né lode al catalogo modern metal statunitense, migliore dell’opaco “Redefine” ma puntalmente colmo di prevedibilità e staticità, uno stile che partorisce tracce senza una forte personalità stagnando su posizioni di minimale creatività pur mettendocela tutta al fine di accattivarsi la simpatia del pubblico: da canzoni aggressive come possono essere “Fight For Life”, “Give It Up”, “Forever Dead” e “Threw It Away” a tracce con cromosomi più passionali e tentativi di maggior coinvolgimento, ricorrendo a refrains con maggior appeal emozionale come ad esempio “True Self”, “Let Go” e “Hear Me”.
Ciò comunque non basta a staccare dal booklet la virtuale etichetta con scritto “album anonimo”: i brani non colgono nel segno, non colpiscono e non impressionano pagando ulteriore dazio alla mancanza di un vero singolone in grado di asfaltare l’autostrada del successo trascinando con sè il disco nella sua interezza, una presenza leader che spesso e volentieri ha cambiato le sorti di pubblicazioni altresì destinate ad affogare nella totale indifferenza del mercato. Perché probabilmente questo è il futuro di “True Self”, titolo il cui significato appare tanto lampante quanto banale. Al pubblico l'orientamento del pollice.
Tempo
Voto: 6-
TRACKLIST:

01. Fight for Life
02. Give It Up
03. Pick Me Up
04. The Last Chance
05. True Self
06. Hear Me
07. Forever Dead
08. Let Go
09. Until It’s Over
10. Jaded
11. Threw It Away
12. One Last Song