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TOOL
10.000 DAYS
Immensi. Incommensurabili. Ineguagliabili. Una delle migliori band del pianeta. Si fa presto ad osannare gli esorbitanti ed esoterici Tool: il quartetto formato da Maynard James Keenan, Adam Jones, Justin Chancellor e Danny Carey si è meritato nel corso degli anni, grazie ad album da 110 e lode quali “Ænima” e “Lateralus”, infiniti encomi ed attestati di stima a profusione; cervellotici e misteriosi, imitati ma inimitabili, gli arci-maghi dell’art-prog-metal, da tempo rintanati nei meandri del proprio sancta sanctorum, partoriscono infine – probabilmente a seguito di arcani riti propiziatori… – uno dei dischi più attesi dell’ultimo lustro, “10,000 days”.
Perfezione chiama perfezione ed ecco che critici e seguaci, mano nella mano in un’allegorica seduta spiritica, nella trance delle entusiastiche aspettative sono pronti a slanciarsi all’unisono nella scrittura automatica di nuove lodi e lusinghe. L’ectoplasma tooliano si materializza in forme parecchio inconsuete e fascinose: l’artwork di “10,000 days” è un qualcosa di semplicemente eccezionale; grazie ad una confezione digipak dalla forma particolare incorporante un paio di lenti stereoscopiche, viene resa possibile la visione tridimensionale delle fotografie ed illustrazioni dello sfarzoso booklet… un’esperienza che ben si accorda con lo spirito “multimediale” del gruppo, da sempre interessato al binomio simbiotico tra musica ed immagini. Nonostante tali “trucchi”, però, questa sessione di spiritismo è destinata ad essere in buona misura demistificata da un’analisi oggettiva più che scettica: manifestazioni quali “Vicarious” (il primo singolo nonché traccia opener dell’album) e “Right in two” (crescente e percussiva) rappresentano interventi di ordinaria amministrazione per i quattro prodigiosi medium losangelini. “Rosetta stoned”, invece, risulta essere poco coinvolgente e sorprendente… male, molto male: quello che dovrebbe essere il cuore palpitante del disco ha un sussulto solamente dopo sette minuti (durandone più di dieci) e suona già sentito (peccato mortale per i Tool). Il matrimonio tra percussioni e spunti elettronici di “Intension” appaga, ma obiettivamente rischia di suscitare più noia che pathos. L’idea di riciclare un cantico dei Nativi Americani (Apache, per la precisione) con l’intermezzo “Lipan conjuring” non è eclatante e c’è ben poco da esprimersi anche in merito a “Lost keys” (ambient-noise con dialogo campionato distrattamente piazzato prima di “Rosetta stoned”) ed alla disutile “Viginti tres” (rumorismo alla Fantômas ben lungi dall’avere il medesimo effetto angosciante di “Third eye” e “Faaip de oiad”): sorge l’inedito dubbio che si tratti di meri riempitivi inseriti per raggiungere l’irrinunciabile traguardo dei 75 minuti. Va un po’ meglio la doppia suite “Wings For Marie”/“10,000 Days”: un lungo e meditabondo mantra tibetano introduce una title-track intensa anche se (volutamente?) ripetitiva e caratterizzata – con dubbia originalità – da un effetto temporalesco fornito dall’ospite Lustmord (musicista ambient che aveva già remixato “Parabola” e “Schism” – vedasi i due appositi dvd-single). E veniamo infine alla crema: la voce di Keenan ed il basso di Chancellor su “The pot” sono letteralmente estasianti mentre nella lussureggiante “Jambi” ribolliscono metal, tribalismo e sperimentazione e spicca l’assolo di talk box di Adam Jones.
Ineccepibile sotto il profilo tecnico ed esecutivo (impressionante la prova del batterista metronomo Danny Carey), “10,000 days” sprigiona magia e magnetismo con discontinuità e con troppa parsimonia… e non bastano occhiali fatati per correggere tale “miopia”. Dunque non tutto è possibile nel mondo dell’occulto dei Tool: il miracolo della perfezione assoluta questa volta non si è verificato…
Silvio52
Voto: 7,5
TRACKLIST:

1. Vicarious
2. Jambi
3. Wings For Marie (Pt 1)
4. 10,000 Days (Wings Pt 2)
5. The Pot
6. Lipan Conjuring
7. Lost Keys (Blame Hofmann)
8. Rosetta Stoned
9. Intension
10. Right In Two
11. Viginti Tres