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DRY KILL LOGIC
OF VENGEANCE AND VIOLENCE
Quando, nel 2001, la Roadrunner pubblicò il primo album "The Darker Side Of Nonsense", i Dry Kill Logic sembravano predestinati - grazie a più di 100.000 copie vendute - a ripercorrere le orme che portarono al successo gente come Coal Chamber, Slipknot e Soulfly forti dell'impazzante ondata generalizzata nu-metal dove a forza fu inserito anche il disco d'esordio del combo newyorkese.
Tutto sembrava andare per il verso giusto sino all'ottobre 2002, quando, dopo l'esplicita richiesta da parte della label di creare un secondo disco più incline alle esigenze commerciali, il team guidato dal vocalist Cliff Rigano rifiutò di piegarsi alle logiche del mercato traslocando presso la Repossession Records, etichetta indipendente la quale nel 2004 si è presa la briga di licenziare l'opus numero due "The Dead And Dreaming", un lavoro decisamente più allineato agli standard imposti dal metalcore senza però rinunciare a molte divagazioni in diversi territori metal, distribuito anche in Europa grazie all'accordo con la tedesca SPV Records. La tiepida accoglienza da parte di pubblico e critica verso il secondo LP ha così spinto la band a rituffarsi con determinazione nel proprio lavoro. Obiettivo: un terzo album che possa convincere definitivamente il mondo metal che il nome Dry Kill Logic merita sostanziosi riconoscimenti. Obiettivo a mio avviso centrato. Avete capito bene. "Of Vengeance And Violence" è un signor disco.
Dopo l'inutile prologo "L5" infatti, la prima vera canzone "My Dying Heart" propala immediatamente le basi sulle quali il prodotto è stato costruito: ritmiche figlie di quella sottile linea di confine che oggigiorno separa l'hardcore metal dal thrash metal vengono distrattamente alleggerite e 'nu-metallizzate', a supporto di parti vocali fondate su un growling continuo ma mai esagerato, accomodato da refrain accattivanti e spesso in voce pulita lontani tuttavia dallo stereotipo melodico del metalcore attuale, riuscendo ad imprimere ad ogni traccia caratteristiche ben distinte. Le influenze più palesi assumono i nomi di Phil Anselmo (immancabile) in primis, American Head Charge, Killswitch Engage, Slipknot, Devidriver e Lamb Of God senza disdegnare ulteriori passaggi riecheggianti Shadows Fall, Coal Chamber, Hatebreed, Ill Nino e Bury Your Dead.
La miscela di tutti questi elementi plasma un sound potente, deciso, orecchiabile ed abbastanza inconfondibile che permea il disco nella sua quasi totalità, potendo contare su una tracklist colma di ottimi brani tra i quali spiccano "My Dying Heart", "4039", "Boneyard" e "Breaking The Broken". Due sole eccezioni evadono dal diktat musicale di questo cd: "Kingdom Of The Blind" è un pezzo interamente cantato con voce pulita rifacendosi allo stile di gente come Chevelle, Earshot e 30 Seconds To Mars in versione metal, aperto tra l'altro da una intro di chitarra alla "Cemetery Gates" dei Pantera; "In Memoria Di" è invece un classico ed inatteso lentone romantico che ricalca tutti gli schemi comuni alle ballate accompagnate da chitarra acustica, tutto già sentito ma comunque coinvolgente ed emozionante.
Inopinabile è quindi il fatto di trovarci al cospetto non solo del miglior disco mai realizzato dai Dry Kill Logic nella propria carriera, ma contemporaneamente davanti ad un altro serio candidato a disco dell'anno 2006. Omnia munda mundis.
Tempo
Voto: 8,5
TRACKLIST:

01. L5 (prologue)
02. My Dying Heart
03. 4039
04. Caught In A Storm
05. From Victim To Killer
06. The Innocence Of Genius
07. Boneyard
08. Kingdom Of The Blind
09. Dead Mans Eyes
10. Confidence vs Consequence
11. Breaking The Broken
12. Lying Through Your Teeth
13. In Memoria Di