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MACHINE HEAD
THE BLACKENING
"Burn My Eyes" è il disco migliore. Nessun album regge il confronto con "Burn My Eyes". Dopo "Burn My Eyes" i Machine Head sono decaduti, risucchiati dall'orribile spauracchio nu-metal. Quante volte si sono lette affermazioni di questo genere? Tante, tante volte. Praticamente in qualsiasi recensione di un album firmato Machine Head. Spesso nel tentativo di dare un tono di presunta credibilità recensoria. Altrettanto spesso perchè in fin dei conti era la pura verità. Ma qui il paragone non potrà essere sfruttato. Perchè? Perchè "The Blackening" non è UN capolavoro. "The Blackening" è IL capolavoro. La band capitanata da Robb Flynn raggiunge finalmente il livello di eccellenza assoluta inseguito per anni, presentando al pubblico un lavoro semplicemente perfetto.
Produzione mostruosa, sound imponente, atmosfere oscure e coinvolgenti, tecnica impeccabile, groove devastante; "The Blackening" concentra tutto il meglio a disposizione dei Machine Head. Un'ora di sfuriate thrash disseminate sulle otto canzoni inserite in tracklist: questo è il dato che colpisce. Non solo perchè oramai siamo abituati a brani di tre-quattro minuti di media lunghezza rendendo un folle chiunque superi il medio minutaggio imposto, ma anche perchè ciò potrebbe far figurare "The Blackening" un lavoro difficile ed eccessivamente prolisso. Qui sta la la sorpresa: non è così. Affatto.
Nonostante pezzi di elevata durata infatti (quattro di questi sforano addirittura i nove-dieci minuti), "The Blackening" è un album dall'impatto immediato che cattura già dal primo ascolto; le lunghe cavalcate strumentali entusiasmano persino chi in generale non è particolarmente incline a tali virtuosismi ed allungamenti, mentre la voce di Flynn esplode cupa e potente come ben ci ha abituato in tutti questi anni, la cui deflagrante timbrica trasmette una carica adrenalinica che brucia la terra attorno, gonfiandosi di odio specialmente nella rabbiosa "Aesthetics of Hate" con la quale Robb invita apertamente più volte il giornalista iconoclasta William Grim a bruciare all'inferno, reo di aver virtualmente sputato in faccia al popolo del metal con un articolo nel quale viene insultata la salma del compianto Dimebag Darrell e di riflesso tutta la comunità che espresse cordoglio e dolore per la tragica scomparsa.
L'apertura "Clenching The Fists Of Dissent" è un'immagine sonora che vale più di mille parole, descrivendo immediatamente il contesto nel quale si muoverà "The Blackening" nella sua interezza; ogni traccia rappresenta tuttavia una storia sè stante grazie a patrimoni genetici comuni ma differenti e variegati passando dal puro thrash della opener di cui sopra al vizietto vagamente 'nu' di "Beautiful Mourning", dalla contagiosa incazzatura riversata nel testo di "Aesthetics of Hate" all'abrasione sonora di "Slanderous", dalle melodie espresse soprattutto in "Halo" e "Now I Lay Thee Down" alla devastante "Wolves" per chiudere con l'oniricità metallara di "A Farewell to Arms" (quest'ultima poi esplosiva negli ultimi tre dei suoi dieci minuti di passione).
Un lavoro oscuro, tetro (basti osservare l'artwork) e coinvolgente, certamente - come affermato dallo stesso Flynn - il più ambizioso mai tentato dalla band, nel quale ognuno dei musicisti cerca continuamente di spingersi oltre i propri limiti; un lavoro concreto, ubriacante, ineccepibile, una cavalcata trionfale che invoglia l'ascoltatore ad alzare il volume al massimo per meglio gustare la potenza che ne scaturisce. Indiscutibile capolavoro.
Tempo
Voto: 9
TRACKLIST:

01. Clenching The Fists Of Dissent
02. Beautiful Mourning
03. Aesthetics of Hate
04. Now I Lay Thee Down
05. Slanderous
06. Halo
07. Wolves
08. A Farewell to Arms