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NINE INCH NAILS
YEAR ZERO
Per i Nine Inch Nails è il 2007 il fatidico anno zero, l’ora X preposta all’origine di una paventata e corrosiva rivoluzione culturale che sia in grado di fare piazza pulita del distopico sistema sociale precostituito. Trent Reznor è il capo della resistenza e “Year zero” è il manifesto ideologico della controcultura del nuovo millennio: pura science fiction? No, “Year zero” è realtà: il sesto full-lenght dei Nine Inch Nails arriva a distanza di soli due anni dal precedente “With teeth”, evento di per sé stesso dai connotati fantascientifici, considerando che Trent non ci aveva mai messo così poco a generare un album. E Reznor ovviamente anche questa volta balla da solo: nonostante una live band valida ed affiatata (di cui fa parte, tra l’altro, anche l’italianissimo Alessandro Cortini) e malgrado “With teeth” potesse suggerire una svolta verso semplificazioni puramente da “rock song”, il computer di Mr. N.I.N. viaggia ancora a pieno regime, macinando tracce a ritmi definibili in null’altro modo se non industriali.
Benvenuti nell’incubo totalitario pre-anno zero! È il ribelle Josh Freese in persona a dare il là alla bagarre sfuriando dietro la batteria dell’esaltante intro “Hyperpower!”… ma c’è poco da gioire, l’inizio della fine è prossimo: “The beginning of the end” è un fuorviante brano analogico in cui si ode pure un tamburello “alla Oasis”… nulla a che vedere, insomma, col micidiale grido di sopravvivenza di “Survivalism” (1° singolo). Dopo i toni soft da quiete prima della tempesta di “The good soldier”, l’intreccio entra nel vivo con la graffiante “Vessel”, col trip-hop di “Me, I’m not” e con la topica “Capital G”, in cui coesistono blues, Peter Gabriel ed una sezione di fiati distorta. “Year zero” certifica ufficialmente il rinascimento del genere denominato industrial: la strofa recitata di “My violent heart” straborda in un sovversivo ritornello elettronico (tipo Chemical Brothers) ma il clou giunge con l’intarsio di beat programmati di “The warning” e con l’anomalia meccanica dell’intrigante “God given”. Più regolare ma altrettanto convincente è la successiva “Meet your master”, canzone cantabile cui si accoda “The greater good”, perla di ambient music dal testo bisbigliato; anche “The great destroyer” – che sembrerebbe indossare vesti semplici e lineari – è destinata ad esplodere in un delirio techno-industrial poi sedato dalla sonata piano-noise di “Another version of the truth”. L’“acid-pop” di “In this twilight” lancia quindi il gran finale cinematografico affidato alla fulgida “Zero-Sum”.
Ma “Year zero” non è un semplice disco, è qualcosa di più, è un fenomeno multimediale ed interattivo, un gioco di ruolo, una surreale caccia al tesoro di smisurate dimensioni che sta coinvolgendo migliaia di appassionati e curiosi: dalla memorabile strategia promozionale delle chiavette USB – contenenti “assaggi” dell’album – abbandonate nelle toilet dei locali frequentati dalla band all’indecifrabile significato della “presenza” che campeggia sulla copertina, dai siti internet collegati alla dimensione parallela descritta nel disco al “cd mutante” stampato con materiale sensibile al calore fino ai messaggi in codice binario disseminati nell’artwork, tutto fa parte di un incredibile affresco, un concept cospirativo affiancabile ad opere quali “1984” di George Orwell, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, “V per vendetta” di Alan Moore e David Lloyd, “Obsolete” dei Fear Factory e “Matrix” dei Wachowski Brothers. “Year zero” è il capolavoro di costruttivismo dell’ex “Mr. Self destruct” Trent Reznor.
Silvio52
Voto: 8,5
TRACKLIST:

1. Hyperpower!
2. The Beginning Of The End
3. Survivalism
4. The Good Soldier
5. Vessel
6. Me, I'm Not
7. Capital G
8. My Violent Heart
9. The Warning
10. God Given
11. Meet Your Master
12. The Greater Good
13. The Great Destroyer
14. Another Version Of The Truth
15. In This Twilight
16. Zero-Sum