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MARILYN MANSON
EAT ME, DRINK ME
Reverendo. Un termine che accompagna Manson dagli inizi. Un termine come sapete derivante dall'associazione al movimento della chiesa nera, il Reverendo di Satana, l'Anticristo, lo scempio religioso: una definizione che incute timore e rispetto, un vocabolo che trasmette inevitabilmente un sentimento di passione oscura, tetra, tenebrosa. Condanne insindacabili da parte dei benpensanti iconoclasti, contestazioni, polemiche diventano cibo prelibato per il fenomeno Marilyn Manson, sfruttato a dovere per guadagnare visibilità, pubblicità, esposizione mediatica e conseguente sucesso. Perchè i bravi ragazzi nel rock non fanno strada. I cattivi invece diventano qualcuno.
Eppure il personaggio Manson non è mai stato così oscuro. Fa quasi ridere pensare a Brian Warner non più come una controversa e demoniaca icona mediatica bensì come un uomo normale afflitto da problemi di amore, forse riversato sul proprio letto a piangere raccogliendo i cocci di una relazione ormai finita. Come una persona normale con il cuore spezzato da una storia importante. Situazione paradossale.
"Eat Me, Drink Me" nasce proprio da qui, dal paradosso di un artista che ha sin qui giocato a fare il diavolo sul limite del baratro infernale finchè una semplice storia d'amore tra comuni mortali lo porta lì per davvero: il risultato è un lavoro quasi Kafkiano impregnato di atmosfere angosciate dove la voce straziata dell'artista decanta liriche fortemente basate sui temi riguardanti l'amore in tutte le sue sfumature, con i suoi pregi e - soprattutto - i suoi difetti. Se Manson abbia abilmente costruito tutto quanto per attirare verso di sè un astuto riverbero pubblicitario o se stia soffrendo realmente non è dato sapersi.
Fatto sta che qualora stesse fingendo, lo sta facendo indubbiamente bene. Già, perchè erano anni che non veniva a crearsi tale clima di curiosità per un disco del 'Reverendo'.
"Eat Me, Drink Me" trasmette sofferenza come mai in passato mettendo a nudo un demone mediatico presunto insensibile, riconfigurandone la dimensione a misura d'uomo con tutte le debolezze che ne conseguono: ne esce così un album teatrale che rinuncia a slanci selvaggi preferendo ambientazioni decadenti, battiti rallentati, sprazzi di depressione, ritmiche lancinanti. Niente più diaboliche sfuriate, niente più Anticristo, niente più oscene invettive o provocazioni oltraggiose bensì una filosofia oserei dire umanistica, incentrata sull'uomo in quanto tale sfondando nell'intimità della mente portando alla luce sensazioni di forte disagio interno, di solitudine, di spaesatezza, di disperazione d'animo. Innegabile che in alcuni punti il disco rasenti il patetico, inscenando ambientazioni la cui tristezza viene inopinabilmente gonfiata più del dovuto eccedendo nel vittimismo e nella mancanza di fiducia futura: ma mai come ora è possibile toccare concretamente la spontaneità di un uomo che la smette di atteggiarsi a rockstar maledettamente provocatoria, smettendo i panni di Mr. Hyde presentandosi nelle vesti del più mite Dr. Jekyll in versione adolescente depresso e sfiduciato. Senza vergognarsi di condividere con il mondo i propri problemi sentimentali, non curandosi degli scherni che ne deriveranno, dalla natura infantile di tutto questo.
"Eat Me, Drink Me" rappresenta il punto dove finisce il personaggio Marilyn Manson ed inizia la persona Brian Warner, fungendo da testimone nell'ipotetica staffetta personal-musicale: una scelta certamente coraggiosa che può essere applaudita quanto fischiata, una direzione nuova per un nome che ormai non fa più scandalo, un tentativo di reinventarsi per quello che un tempo non molto lontano era il simbolo imposto di trasgressione. A conti fatti, forse, una scelta obbligata.
Tempo

TRACKLIST:

01. If I Was Your Vampire
02. Putting Holes In Happiness
03. The Red Carpet Grave
04. They Said That Hell’s Not Hot
05. Just a Car Crash Away
06. Heart-Shaped Glasses (When the Heart Guides the Hand)
07. Evidence
08. Are You the Rabbit?
09. Mutilation is the Most Sincere Form of Flattery
10. You and Me and the Devil Makes 3
11. Eat Me, Drink Me