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DEMON HUNTER
STORM THE GATES OF HELL
Quarto album in poco più di cinque anni e quarta volta che i Demon Hunter riescono ad offrire un prodotto assolutamente degno di nota; è raro trovare altre band in grado di mantenere tale media in termini quantitativi ma soprattutto in termini qualitativi.
L'ispirazione del frontman Ryan Clark non perde un colpo e così dopo "Demon Hunter", "Summer Of Darkness" e "The Triptych" arriva il turno di "Storm The Gates Of Hell" prodotto ancora una volta da Aaron Sprinkle.
Balza subito all'orecchio l'idea portante sulla quale viene incentrato questo nuovo lavoro: il gusto per la melodia - da sempre tra i punti di forza dei Demon Hunter - viene reso ancor più dominante grazie a refrain mai così avvolgenti e caldamente affascinanti presenti praticamente in ogni canzone inserita in tracklist culminando in due ballad, "carry Me Down" e "Thorns".
Ma sta proprio qui una delle pecche di questo platter: l'utilizzo di segmenti ultra-melodici viene sin troppo esaperato creando un vortice di ridondanza che nuoce all'ascolto del disco, causando sensazioni di monotonìa ed eccessiva ripetitività.
La melodìa viene tuttavia controbilanciata dalle solite sfuriate gutturalmente metalcore di Ryan Clark, sempre potente e cristallino nelle sue ottime performance canore siano esse in clean vocals o in growl: ciò che manca a questo disco è un riffing particolarmente ricercato, le parti di chitarra risultano sin troppo standarizzate e poco incisive ed è probabilmente questa una delle maggiori ed evidenti differenze che impediscono ai Demon Hunter di raggiungere i livelli di gruppi, ad esempio, come i Killswitch Engage.
Un altro punto sul quale i Demon Hunter non si risparmiano sono come sempre i contenuti dei testi: il combo di Seattle è infatti conosciuto per la propensione ad una sorta di 'guerra spirituale' e "Storm The Gates Of Hell" non fa differenza focalizzando l'attenzione su temi a loro molto cari. Infatti "Sixteen" gioca con il modo di dire 'quindici minuti di gloria' affrontando il primo minuto che arriva dopo i famosi quindici, ossìa ovviamente il sedicesimo: il pezzo è soprattutto un'invettiva contro una parte ipocrita del movimento Cristiano (ricordiamo l'appartenenza Christian Rock dei DH) che spinge a vivere e credere in una fede ma per motivi sbagliati; "Thorns" è un inno che si scaglia contro il suicidio e l'autodistruzione; "Follow the Wolves" è uno stimolo per i credenti a pensare con la propria testa per non vivere come pecore seguendo le parole di persone sbagliate; "Fiction Kingdom" è un monito che spinge a cercare di evitare il più possibile falsi miti e tentazioni demoniache. Questi sono forse gli esempi più significativi dal punto di vista dei testi, ma ogni canzone si basa su parole decisamente significative e ben curate.
Insomma ancora una volta i Demon Hunter offrono una prova convincente pur senza strabiliare esageratamente, piazzando un disco qualitativamente sugli stessi livelli del precedente "The Triptych": ormai un cavallo sicuro sul quale puntare ad occhi chiusi.
Tempo
Voto: 7
TRACKLIST:

01. Storm The Gates Of Hell
02. Lead Us Home
03. Sixteen
04. Fading Away
05. Carry Me Down
06. A Thread Of Light
07. I Am You
08. Incision
09. Thorns
10. Follow The Wolves
11. Fiction Kingdom
12. The Wrath Of God