Già con il precedente "Blue-Sky Research" si erano totalmente allontanati dal filone nu-metal tutto personale che si erano creati e che sempre li aveva contraddistinti. Ma se nel già citato disco ci sono singoli che, vedi il capolavoro "Facepeeler", tengono a galla la credibilità del gruppo, in questo "Our Long Road Home", i Taproot fanno crollare qualsiasi ponte possa collegarli al loro passato.
All'ascolto della prima traccia ciò che viene da pensare è che si siano ricordati di quanto erano belli i tempi di "Again & Again" o "Smile": infatti "The Path Less Taken" si presenta come una splendida traccia tipicamente stile Taproot dove la voce di Stephen Richard è da sempre il migliore biglietto da visita del combo proveniente dal Michigan.
Tutto quello che viene dopo, dispiace dirlo, è ... diverso: le schitarrate tipicamente post-grunge non sono più quelle di prima, ma ciò che salta alle orecchie è il diverso approccio del frontman il quale, sebbene se la sia sempre cavata ad alternare gracchianti screams a linee vocali pulite, stavolta opta (a parte sporadici episodi) per un cantato che di sicuro rende molto meno aggressivo e incazzato un lavoro che potenzialmente avrebbe dovuto riportare i quattro di Ann Arbor sulla retta via, quella che purtroppo la stragrande maggioranza dei loro colleghi - dai Deftones ai Korn - sembra aver smarrito.