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GOJIRA
THE WAY OF ALL FLESH
Una delle migliori uscite del 2008 è a mio avviso "The Way of All Flesh" dei Gojira. I Gojira sono un gruppo non più giovanissimo che di particolarità ne ha moltissime.
Innanzitutto è un gruppo francese, terra non estremamente prolifica in quanto a musica pesante e che difficilmente ha sfornato gruppi con risonanza planetaria nei vari generi del metal. In secondo luogo i Gojira, che sta per Godzilla dalle prime versioni dei film giapponesi sul gigantesco dinosauro, basano tutti i loro testi su temi ambientali dimostrando un certo impegno nel mettere insieme delle lyrics sensate e che la musica, sotto qualsivoglia forma, metal estremo compreso, è un veicolo informativo e di denuncia  sociale importante e valido.
La terza peculiarità riguarda il tipo di sonorità espresse. Difficili, complesse e innovative. Si possono catalogare alla voce Death Metal aggiungendo però aggettivi come “sperimentale”, “tecnico”, probabilmente anche “progressivo” potrebbe andare bene.
Questo "The Way of All Flesh" è un album complesso da assimilare, lungo nei suoi 70 minuti e oltre. I pezzi hanno tutti un'anima propria, differente l’una dall’altra. Risulta arduo il passaggio da una traccia a quella successiva, appena riesci a comprenderla, e quindi ad apprezzarla, il cervello dell’ascoltatore deve essere pronto a tuffarsi in un nuovo concetto musicale.
Da qui si evince che questo quarto studio album dei transalpini, oltre che essere un lavoro impegnato, è un ascolto impegnativo per l’utente finale.
Poco male, anzi molto bene. Nel panorama mondiale rimangono ancora pochi gli artisti che credono che una forma espressiva propria valga di più di un prodotto di largo consumo. Questo fa di "The Way of All Flesh" un album che riscuoterà il favore della critica ma un più esiguo riscontro dalle vendite.
Anche se i fans del gruppo, evidentemente tutta gente dal palato fine, non sono così pochi.
Detto questo all’interno del lavoro c’è la possibilità di ascoltare consecutivamente pezzi martellanti e monolitici come “Toxic Garbage Island” e variazioni di korniana memoria come “A Sight to Behold” con il basso in primo piano. Le melodie sottese in riff potenti e cadenzati come nell’opener “Orobus” e rabbiose cavalcate come “The Art of Dying”. “Vacuity”, primo singolo per modo di dire, riesce a attraverso il suo ritornello corale ad essere il pezzo più facilmente assimilabile. Tecnica sopraffina e intelligenza compositiva rendono ogni singola traccia un capitolo a se.
In “Yama’s Messengers” si ritrova lo stile raffinato che solo gruppi come Meshuggah sanno cucire su melodie di tale pesantezza.
“Adoration for None” è forte della collaborazione di Randy Blythe dei Lamb Of God uno dei maggiori promotori del gruppo d’oltralpe. Mi spiace segnalare proprio questo brano come il peggiore dell’album ma purtroppo l’influsso del singer dei LoG rende il pezzo impersonale rispetto alle altre performance.
Degna di nota la penultima traccia, prima della conclusiva title track, ”Wolf Down the Earth” è una denuncia all’ingordigia dell’uomo riguardo allo sfruttamento delle risorse naturali a colpi di incessanti raffiche di doppio pedale e riff taglienti.
Davvero un lavoro degno di nota ma che richiede molta attenzione e pazienza per essere assimilato. Assomiglia un po’ ad un tappone di montagna al Giro d’Italia: dodici difficili e faticose salite ma alla fine quando si taglia il traguardo si può soltanto apprezzare il lavoro fatto.
NMT
Voto: 8
TRACKLIST:

01.Oroborus
02.Toxic Garbage Island
03.A Sight to Behold
04.Yama’s Messengers
05.The Silver Cord
06.All the Tears
07.Adoration for None 
08.The Art of Dying 
09.Esoteric Surgery  
10.Vacuity  
11.Wolf Down the Earth   
12.The Way of All Flesh