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DEPECHE MODE
SOUNDS OF THE UNIVERSE

Dodicesimo studio album per la compagine inglese regina del Synth Pop britannico sulla scena da quasi trent’anni. È infatti datata 1981 la prima uscita del gruppo. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e i Depeche Mode si sono accostati a svariati tipologie musicali dal Rock Pop, al Wave nelle varianti New e Dark, alla Alternative fino al Noise e chissà a quanti altri.
Stiamo parlando di un gruppo poliedrico, trasformista e in possesso di un talento tale da poter soddisfare a 360° ogni gusto musicale. Se infatti sono in grado di far ballare tutto il mondo con pezzi elettronici in grado di spopolare su tutte le piste di ogni tipo di locale, è altrettanto vero che le loro live performance possono tener testa a qualsiasi confronto per carica emotiva, tanto che Dave Gahan è uno degli animali da palco più scatenati e scatenanti che ci siano sulla scena.
Un gruppo di una “classe” compositiva enorme che riesce sempre ad accattivare grazie alla propria capacità rendere i brani misteriosi e le sonorità contemplative. Volenti o nolenti in qualche modo la musica dei Depeche Mode ti penetra dentro.
Così è anche per questo ultimo capitolo della lunga saga. Sounds of the Universe perde la tendenza ruffiana degli ultimi album, composti principalmente da grandi brani e da cali di tensione allarmanti, e si attesta attorno ad un ottimo livello qualitativo medio con brani completi e suadenti di una profondità maggiore rispetto a quello prodotto dal gruppo negli ultimi anni. Forse proprio l’allontanarsi dalle sonorità più rock e il ricongiungimento con le amichevoli strumentazioni elettroniche ha dato all’album un impronta decisa che fa propendere per una netta virata del gruppo verso la scelta di creare una sorta di raffinatissima musica da camera.
Certo si vede l’intrusione di Gahan nel songwriting, il frontman infatti firma ben tre pezzi tra cui la seconda traccia “Hole the Feed” che palesa l’attaccamento del cantante a ritmi più rock blues e la bellissima “Miles Away” (a mio parere il miglior pezzo dell’album dopo la traccia di apertura “In Chains”). Nonostante questo l’album non viene snaturato da quella che è la spina dorsale del gruppo: l’intuito compositivo di Gore.
Il singolo “Wrong” risulta essere infatti un classico per il combo inglese, il tipico pezzo con cui i Depeche conquistano spazi su spazi in radio e televisione. Rimane indubbiamente il pezzo più aggressivo del lotto e spicca per l’impatto del brevissimo ritornello ma è comunque fuori dai reali standard dell’album.
Il vero sound (che di universe ha ben poco…) si articola in realtà su pezzi più tranquilli come l’opener “In Chains” e “Peace”, nelle quali è presente una commistione di suoni e melodie sottese magistralmente spalmate sulle trame di ciò che componevano negli anni ottanta.
Anche la semplicità di tracce come “Little Soul” richiede in realtà un ascolto molto attento e approfondito per poter apprezzare il lavoro mai banale svolto soprattutto in sede di miraggio.
Anche altri pezzi come “Fragile Tension” e “Come Back” rischiano di essere sottovalutate e non comprese appieno se non viste all’interno d’un disegno d’insieme dell’intero album. In queste canzoni come anche nel mid-tempo di “In Sympathy” o nella romanticissima “Jezebel”, l’intento del gruppo è sicuramente quello di creare atmosfera. Da ascoltare sulla “chaise longue” con il giardino zen a portata di mano. Un album velatamente ambizioso nella struttura e che sicuramente darà pochi pezzi ai live del gruppo, soprattutto contando che Gahan sul palco si crede l’uomo più bello del mondo e lo stage-ego di Jim Morrison in confronto è una sindrome fantozziana.
Una curiosità riguarda sicuramente l’etichetta per la quale Sounds Of The Universe è uscito, una branca della EMI. Il gruppo aveva concluso (e voleva concludere) il rapporto contrattuale con la major ma questa era l’unica che allo stato attuale poteva garantire una distribuzione degna di una compagine di tale livello.
I Depeche Mode hanno sempre variato la loro musica senza mai variare se stessi. Sono sempre stati originali pur tenendo sempre una melodia con un indelebile marchio di fabbrica. È la classe cristallina a rendere particolari cose apparentemente normali.

NMT
Voto: 7
TRACKLIST:

01. In Chains
02. Hole To Feed
03. Wrong
04. Fragile Tension
05. Little Soul
06. In Sympathy
07. Peace
08. Come Back
09. Spacewalker
10. Perfect
11. Miles Away / The Truth Is
12. Jezebel
13. Corrupt