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HEAVEN & HELL
THE DEVIL YOU KNOW

Un nome su tutti: Black Sabbath. Non si può che partire da lì. Pietra miliare dell’Hard Rock e della cultura musicale in genere sono stati per decenni il termine di paragone per tantissimi gruppi e artisti.
È un nome che pesa perché come la fenice è morta tante volte e sempre è rinata dalle proprie ceneri. Per parlare degli Heaven and Hell non si può prescindere da questo mastodontico pezzo di storia.
Dopo che per anni, a cavallo dell’inizio del corrente secolo, si è vociferato del ritorno del figliol prodigo Ozzy Osbourne e del ricongiungimento con Iommi e compagnia ecco che il 2006 vede riunirsi i Sabbath nella formazione dell’epico (nel senso di importante) album del ’80 Heaven and Hell. La potente ugola di Ronnie James Dio, che all’epoca di fine anni settanta lasciava i Rainbow per dissidi con Ritchie Blackmore, ritorna per la seconda volta insieme a Tony Iommi alla chitarra, Geezer Butler al basso e Bill Ward alla batteria. Proprio il titolo del primo album con questa formazione diventa spunto per rinominare il gruppo e cominciare un nuovo capitolo di questa storia infinità. In pochi mesi si vede l’avvicendamento alla batteria con l’abbandono di Ward a favore del subentrante Vinny Appice che ha seguito Dio in quasi tutta la sua carriera da solista. Dopo un tour mondiale di due anni e due live album finalmente arriva l’annuncio: gli Heaven and Hell pubblicheranno un nuovo lavoro.
È un grande evento per chi conosce la storia del Rock, è un’attesa spasmodica per chi da quasi tre lustri si aspetta di sentire le composizioni di mostri sacri dal talento tale da creare generi, influenzare migliaia di musicisti e richiamare sempre milioni di fans deliranti.
Le attese sono ben riposte e già al primo ascolto The Devil You Know colpisce a fondo. Si sente subito che è un disco che non si può solamente sentire ma che va assaporato, gustato e assimilato.
La maestria compositiva porta al perfetto connubio tra le penetranti interpretazioni vocali di Dio con il più tetro sound Doom che i Black Sabbath sanno comporre. Maestoso nel suo lento incedere include tutti gli elementi più classici del repertorio del combo creando una nebulosa empatia tra ascoltatore e gruppo proprio grazie alla simbiosi con tutta la lunghissima discografia dei componenti. Un album praticamente autocommemorativo ma con temi e spunti nuovi e precisi. Una dimostrazione del fatto che anche con più di sessant’anni di vita e più di quaranta di musica la classe del gruppo non ha perso niente col passare del tempo.
E proprio il primo brano a dare le sensazioni migliori infatti, l’opener “Atom and Evil” è un doom cupo e pesante magistralmente orchestrato tra sezioni ritmiche lente e martellanti come una marcia  funerea. Dio è passionale e appassionante come non mai e la sua voce sembra quasi scivolare sopra la superficie nera del brano. È un brano iniziale quasi shockante se confrontato alle aperture “frizzanti” e più tipicamente Heavy dei lavori sabbathiani precedenti.
“Fear” accelera su velocità più digeribili dal pubblico affezionato e dimostra tutta la cura che Iommi mette nella gestione dei riff. Questi risultano più armonici in questo secondo brano e più in linea con le linee vocali di Dio.
Terzo brano e si arriva al capolavoro dell’album: “Bible Black” è un classicissimo preannunciato. La voce di Ronnie James Dio culla l’iniziale arpeggio acustico crescendo fino all’esplosione adrenalinica del primo chorus che vede l’inserimento della strumentazione al completo. Un mid tempo coinvolgente e incalzante risveglia vecchie sabbathiane memorie che ormai sembravano morte.
“Double The Pain” è l’evidenza del buon lavoro svolto dalle linee di basso sfornate da Butler sulle quali tutto il brano si poggia. Un brano cupo e tendenzialmente doom dal grande impatto emotivo.
Sicuramente su territori più congeniali al Dio solista si muove “Rock and  Roll Angel” dai tempi più svelti e dal mood più semplice rispetto ai brani precedenti. Brano diviso in due parti il cui collante è la sola chitarra di Iommi.
La produzione dell’album è impeccabile, i suoni sono chirurgicamente cristallini e gli strumenti sembrano più vivi che mai. Anche le percussioni di Appice che finora non ho nominato scandiscono i brani come un orologio svizzero.
Il brano più variegato è probabilmente “The Turn Of The Screw” che alterna la strofa rock a parti decisamente più oscure nei chorus. Certo qualitativamente, se c’è da dare una girata di vite nell’album, il brano risulta inferiore ai precedenti e più che avvitare… svita.
La velocità aumenta di colpo con “Eating The Cannibal”. Ritmato, breve e diretto è un brano che celebra le capacità di Iommi più che aggiungere qualcosa all’intero lavoro.
Il ritorno ad alti livelli è imminente poiché subito il ritmo cala e il doom massiccio di “Follow The Tears” e delle sue scale più basse da a Dio la possibilità di mostrare le sua capacità interpretativa drammatica. Eccezionale l’introduzione con l’organo e la chitarra fusi in una melodia da messa nera. Saltando il riempitivo heavy di “Neverwhere” si arriva alla finale “Breaking Into Heaven” che da buona conclusione dell’album è il brano più lungo dell’intero lotto. È la traccia più epica, una commistione di cori fa da cornice alla suadente voce di Dio e un alternarsi di riff dilatati e assoli taglienti creano un pathos che va oltre la fine dell’album.
Pur essendo al primo studio album come Heaven and Hell, il combo segna il ritorno di grandi musicisti in una formazione affiatata e ben assortita che ha nel talento e nell’esperienza le capacità giuste per mettere insieme un lavoro convincente dopo tanto tempo. Il 2008 è stato l’anno della resurrezione dei mostri sacri ma a mio avviso nessuno ha fatto centro come loro.

NMT
Voto: 8
TRACKLIST:

01. Atom And Evil
02. Fear
03. Bible Black
04. Double The Pain
05. Rock And Roll Angel
06. The Turn Of The Screw
07. Eating The Cannibals
08. Follow The Tears
09. Neverwhere
10. Breaking Into Heaven