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DREDG
THE PARIAH, THE PARROT, THE DELUSION

Raccontare un disco dei Dredg non è mai un impresa semplice, soprattutto perchè il più delle volte le parole non sono sufficienti a descrivere quel misto di emozioni e sensazioni che questa band è in grado di suscitare in noi ascoltatori canzone dopo canzone.
E così a 4 anni di distanza dal bellissimo "Catch Without Arms", il quartetto californiano da alla luce il suo quarto album, una delle uscite più attese di quest'anno che, come in molti speravano, non ha tradito le aspettative presentandoci una band in grande forma e con ancora molti assi nella manica da giocare.
"The Pariah, The Parrot, The Delusion" non è altro che un ulteriore prova di quanto questi musicisti siano riusciti, in questi quasi 15 anni di attività, a creare un sound unico e ritagliarsi uno spazio riservato nel vasto panorama alternative mondiale.
Ancora oggi il loro art-rock è in grado di stupire, sempre arricchito da diverse contaminazioni, nelle quali si possono apprezzare ancora una volta, le grandissime doti tecniche dei vari componenti, polistrumentisti in grado di creare per ogni pezzo un atmosfera a se stante, capaci sempre di donare nuova linfa vitale alla propria musica.
Ogni prova dei Dredg è un esperienza che va gustata nel suo complesso, in ogni suo singolo momento, tuttavia non si può non menzionare certi episodi, a mio avviso particolarmente degni nota, come il singolo "Information", che con i suoi inserti di pianoforte ha un sapore vagamente indie, la successiva "Ireland", dalla melodia profonda e penetrante, oppure "Lightswitch" che parte con un riff blues per poi lascarsi andare in sonorità più rock'n roll.
La stessa band aveva affermato che il disco, ispirato ad un opera dello scrittore Salman Rushdie, sarebbe stato come un autentico viaggio sperimentale attraverso paesaggi più rock rispetto al passato, con alternanza tra momenti di pace ed altri più concitati in cui la band spicca il volo sfogando tutta la sua creatività, talvolta manifestata con rabbia, attraverso assalti vocali da parte del cantante Gavin Hayes, come avveniva nei primi EP del gruppo.
Potrei continuare a descrivervi questo album, ma ogni ulteriore parola suonerebbe scontata e non riuscirebbe a rendere il giusto omaggio ad una band che ha dato e continuerà a dare molto alla musica in generale.
Non vi resta che schiacciare il tasto play ed iniziare questo nuovo viaggio in compagnia dei Dredg.

Whitelocust
Voto: 8
TRACKLIST:

1. Pariah
2. Drunk Slide
3. Ireland
4. Stamp of Origin: Pessimistic
5. Lightswitch
6. Gathering Pebbles
7. Information
8. Stamp of Origin: Ocean Meets Bay
9. Saviour
10. R U O K ?
11. I Don't Know
12. Mourning This Morning
13. Stamp of Origin: Take a Look Around
14. Long Days and Vague Clues
15. Cartoon Showroom
16. Quotes
17. Down to the Cellar
18. Stamp of Origin: Horizon