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ARSONISTS GET ALL THE GIRLS
PORTALS

Giunti al loro terzo lavoro, questo singolare gruppo proveniente da Santa Cruz ha dovuto sopportare numerosi traumi: la tragica morte del bassista Patrick Mason nel 2007 e la defezione del frontman Cameron Reed dalle vesti di cantante per “divergenze di carattere spirituale”. A conti fatti, un bel manipolo di impedimenti con cui fare i conti per portare avanti una band, ma il gruppo non si da per vinto e, assoldati due nuovi componenti (Jared Monett alla voce e Jason Bardoni al basso) danno alle stampe questo Portals; il loro sound è un chiaro e più volte dichiarato omaggio ai paladini del cosiddetto “nintendocore”, ovvero gli HORSE the band, maestri nella saper fondere con sapienza metalcore, mathcore e synth che riproducono il tipico sound delle piattaforme videuliche dell’era 8-bit. Quindi non sorprende se in questo album brani come Violence In Fluid: Triceratops, la titletrack e Saturnine poggino su tali basi stilistiche, con tastiere che abbracciano i numerosi breakdowns e il riffage dal possente stampo metal. Purtroppo, ciò che salta anche all’orecchio dell’ascoltatore meno avvezzo a tali sonorità è la poca peculiarità di alcuni brani, che a volte si risolvono in un pastume sonoro dal quale è difficile carpire delle soluzioni originali che li rendano realmente riconoscibili; questo accade soprattutto con i brani di apertura (The 42nd Ego, My Cup’s Half Empty, Skiffs For The Suits) mentre la vera frattura si ha con Portals, la lunga titletrack che contiene delle soluzioni pregevoli soprattutto nella chiusura, dove le tastiere gli conferiscono un tono epico che non guasta affatto. Il gruppo inizia a sfoggiare la propria dose di peculiarità sonore partendo dai brani conclusivi: I Lost My Loss Of Ruin esplode con la solita rumorosa formula, per poi sorprendere con un cambio di tempo palesemente ska innestato dai synth, per poi concludersi in una sezione di piano tipicamente lounge; anche la successiva To Playact In Static riprende il trito discorso dei brani iniziali per poi sfociare in un ritmo hard rock/blues tipico delle bettole americane.
La conclusione è affidata ad un’altra ottima dimostrazione di buoni spunti, Tea Time Ribbons, con una frattura quasi funkeggiante che sfocia nell’ultimo, e forse più pregevole, breakdown. Se si attende dopo il prolungato silenzio, è possibile anche godersi un simpatico siparietto country, il quale non aggiunge assolutamente nulla a quanto proposto, ma evidenzia ulteriormente lo spirito dissacrante del gruppo. E’ un peccato che questo Portals si assesti sui livelli della sufficienza per via di una eterogeneità eccessiva, poiché le soluzioni originali non mancano di certo, ma tra la monotonia generale non riescono a spiccare come dovrebbero; comunque riescono nel loro scopo di risollevare un lavoro altrimenti mediocre. Da una band con un’aspirazione musicale così amena, e definita “experimental deathcore”, è lecito aspettarsi di complessivamente più atipico, per cui attendiamo con buona fiducia il loro futuro musicale.

Matteo
Voto: 6
TRACKLIST:

01. Interdimensionary
02. The 42nd Ego
03. My Cup's Half Empty
04. Skiff For The Suits
05. In The Empyreans
06. Saturnine
07. Violence In Fluid - Triceratops
08. Portals
09. I Lost My Loss Of Ruin
10. To Playact In Static
11. Tea Time Tibbons