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BRAND NEW
DAISY
Ci sono band che si amano a tal punto da temerne ogni nuova uscita, per via delle aspettative che vi si ripongono. Tra queste, le peggiori sono quelle che a questo timore reverenziale aggiungono il timore dell’inaspettato. La paura del buio. La certezza di non avere certezze su quello che il nuovo, attesissimo lavoro porterà con se. I Brand New, per il sottoscritto, sono i capistipite di questo gruppo ristretto di band. Quando, ormai 3 anni fa, ascoltai per la prima volta “The God and Devil are Raging Inside Me” rimasi stupefatto. Che fine aveva fatto l’emocore (e, perdonatemi, il suffisso è tutto di questi tempi) di quel “Deja Entendu” che avevo così tanto amato? All’inizio non fui per nulla convinto. Oggi ritengo quel disco un capolavoro assoluto. Questa è una premessa fondamentale per chi come me si appresta a recensire “Daisy”, il quarto studio album del quartetto di Long Island, perché anche questa volta sono rimasto non poco spiazzato. Per capire il perché basta premere il tasto play ed ascoltare Vices, la open track, per più di un minuto e mezzo, quando le grida ed il muro di chitarre schiacciano, letteralmente, la malinconica operetta con cui il disco ha inizio. Sì, avete letto bene, grida, ma attenzione: non si parla delle urla posticce e postprodotte che tanto vanno di moda adesso, bensì di veri e propri lamenti capaci di raschiare l’animo dell’ascoltatore e colpirlo con una violenza emotiva del tutto nuova. Non c’è voglia di stupire, ma senza dubbio non c’è nemmeno la paura di non piacere, come dimostra l’intermezzo dissonante di “Be Gone”. E’ una continua lotta tra il rumore di pezzi come “Gasoline” e “Sink” ed i momenti più riflessivi ed intimi di “You Stole” e “Bed”. Il singolo, “At the bottom”, è forse l’unico pezzo che rimanda alla tradizione Brand New, con gli intrecci vocali tipici dei tempi che furono, ma le atmosfere anche in questo caso restano cupe e figlie della malinconia che avvolge tutto il disco e che lo tiene unito molto più di quanto facciano i suoni. Il tutto si chiude con “Noro”, pezzo che si gioca con “You Stole” l’inutile titolo di mia preferita, ed il tutto sfuma nuovamente nell’operetta iniziale. Come non fosse successo nulla. Per un attimo si ha l’impressione di aver sognato, di non aver realmente sentito il nuovo disco dei Brand New. Come fosse stato un flash generato dalla propria immaginazione. Invece si è ascoltato il nuovo lavoro di una delle band più dotate del panorama alternative (se così si può chiamare) mondiale. Un disco che sul principio può spiazzare, ma che racchiude in se materiale che molte altre band ben più sponsorizzate non metterebbero assieme in un’intera carriera. Il fatto che non sia certo il loro miglio album dovrebbe far riflettere molti.
Manq
Voto: 7,5
TRACKLIST:

01. Vices
02. Bed
03. At the Bottom
04. Gasoline
05. You Stole
06. Be Gone
07. Sink
08. Bought a Bride
09. Daisy
10. In a Jar
11. Noro