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BARONESS
BLUE RECORD
I Picasso della musica tornano sulle scene con il nuovo “Blue record”, a poco tempo dal quel “disco rosso” che aveva suscitato grande interesse da parte della critica internazionale.
La band americana è autrice di un genere a cavallo fra il metal e il rock legato da un filo conduttore progressive, matrice sempre più in auge tra i gruppi moderni e che sta vivendo una sorta di seconda giovinezza.
Anche se i Baroness tengono molto a sottolinearne le differenze stilistiche rivendicando uno stile più legato al rock, quasi fossero infastiditi dal paragone, bisogna ammettere che la loro musica è vicina a quanto già prodotto dai Mastodon, coi quali tra l’altro condividono la stessa label. Se poi anche voce sembra quella di Troy Sanders, davvero sono poche le differenze che dividono le due band.
Fatte queste premesse, che non vogliono assolutamente sminuire il valore dei Baroness, per ciò che concerne “Blue record” devo dire che si tratta, senza alcuna ombra di dubbio, di uno dei lavori più interessanti dell’anno. Già dalla sognante intro “Bullhead’s psalm” si capisce come la loro musica sia un gradino al di sopra delle scontatezze che imperversano nel panorama musicale attuale, cosa che richiede una certa predisposizione dell’ascoltatore ad assumere una concentrazione di ascolto elevata. Le trame disegnate dalla band di Savannah sono molto curate e rispecchiano il contrasto della loro anima onirica con quella più oscura, anche se non sempre sono efficacemente supportate da un cantato all’altezza, forse il punto debole più evidente (come nel brano acustico “Steel that sleeps the eye” ad esempio…) . Non per questo mancano pezzi che rimangono facilmente impressi come “A horse called Golgotha”, forse quello con una marcia in più, e “Swollen and Halo”.
Nel complesso “Blue record” è un disco fondamentale nella carriera dei Baroness che, a mio avviso, hanno tutte le carte in regola per concepire in futuro un album che possa considerarsi un nuovo spartiacque per la musica heavy.
Purtroppo il giudizio che dovrò conferire ora non può raggiungere l’eccellenza in quanto, come già detto, il neo degli arrangiamenti vocali costituisce un aspetto su cui i Baroness dovranno lavorare duro. Molto spesso la tendenza delle giovani band è di trascurare quello che alla fine è il biglietto da visita per tutti i gruppi musicali, mascherandolo con una ben più elevata dote strumentale. Sono sicuro però che i Baroness sapranno compiere un ulteriore salto di qualità.
Salvatore Dragone
Voto: 8
TRACKLIST:

01. Bullhead’s Psalm
02. The Sweetest Curse
03. Jake Leg
04. Steel That Sleeps The Eye
05. Swollen and Halo
06. Ogeechee Hymnal
07. A Horse Called Golgotha
08. O'er Hell And Hide
09. War, Wisdom and Rhyme
10 - Blackpowder Orchard
11 - The Gnashing
12 - Bullhead's Lament