Dal 6 ottobre riparte GROOVE BOX
su Radio Lupo Solitario 90,7 FM!
La trasmissione andrà in onda ogni Giovedi dalle 20 alle 21!
La trasmissione andrà in onda ogni Giovedi dalle 20 alle 21!
Per contattarci in diretta:
sms: (+39) 334 2247977
E-mail: onair@radiolupo.it
sms: (+39) 334 2247977
E-mail: onair@radiolupo.it
LOSTPROPHETS
THE BETRAYED
THE BETRAYED
I Lostprophets sono dei poser, anzi sono i poser con la “P” maiuscola. Non credo che qualcuno possa smentirmi, in merito. Fin dagli inizi il loro unico obbiettivo è stato riproporre pedissequamente quello che più in voga c’era al momento, cavalcando un po’ tutte le onde e le mode degli ultimi dieci anni.
A differenza di milioni di altre band però, loro nel farlo sono sempre stati dei gran fighi. Se fossimo in tribunale ed io fossi un avvocato, a questo punto porterei all’attenzione della corte due prove di questa mia tesi: “The Fake Sound Of Progress” e “Start Something”. Due dischi in cui personalità e innovazione risultano non pervenute, ma che contengono un tot di tracce eclatanti capaci di mettere d’accordo un po’ tutti i gusti e i movimenti dei primi anni zero, dal nu-metal al nu-emocore.
Insomma, chi ha detto che un bel disco debba per forza di cose essere innovativo? Non certo il sottoscritto. Per quel che mi riguarda quindi i Lostprophets sono un progetto ai limiti dello storiografico, una band che racconta tramite i suoi dischi i suoni e le mode del periodo in cui si trova a suonare. Il grosso problema in un'operazione come questa arriva quando la moda del momento è qualitativamente un abominio, perché se sei veramente bravo a raccontarla ti tocca fare un disco osceno. La mia tesi è che i Lostprophets in questo siano maestri e quindi porto al banco delle prove il terzo album, “Liberation Transmission”: un disco che più brutto non si può, fotografia della decadenza di un certo tipo di suoni alla fine degli anni zero. Tutto torna. C.V.D..
La domanda adesso è come si contestualizza in quest’opera di narrazione storica un disco come “The Betrayed”, uscito proprio alla conclusione del decennio che i cinque gallesi hanno deciso di raccontare attraverso tutte le tappe della moda alternative? Bastano pochi ascolti per capirlo. Il nuovo lavoro dei Lostprophets è contemporaneamente un riassunto di quanto è stato fatto fino ad ora, una sorta di riepilogo di fine capitolo, ma anche un’apertura alla nuova tendenza indie. Tutto insieme. Una roba che nessuna band riuscirebbe a scrivere senza rendersi ridicola e che invece loro possono proporre con una credibilità invidiabile. Ditemi chi altri potrebbe scrivere un pezzo come “Dstryr/Dstryr” senza venire citata in giudizio dai Rage Against the Machine per diffamazione (attenzione: non per plagio, perché siamo ai limiti della parodia) o pezzi come “Next Stop, Atro City” o “Streets of Nowhere” senza venire etichettati come new sensation dell’indie da classifica. Insomma, per essere sempre alla moda anche quando le mode cambiano ci vuole bravura e questo va riconosciuto. Giù il cappello a chi fa della poseraggine una professione e la porta a termine con costanza e senza ripensamenti, sfoggiando una notevolissima faccia tosta.
Il disco non lo valuto perché secondo me non ha senso dargli un voto; ma per quanto ognuno possa avere in merito un’opinione diversa, sfido chiunque a non lasciarsi coinvolgere da un singolone come “Where We Belong”.
A differenza di milioni di altre band però, loro nel farlo sono sempre stati dei gran fighi. Se fossimo in tribunale ed io fossi un avvocato, a questo punto porterei all’attenzione della corte due prove di questa mia tesi: “The Fake Sound Of Progress” e “Start Something”. Due dischi in cui personalità e innovazione risultano non pervenute, ma che contengono un tot di tracce eclatanti capaci di mettere d’accordo un po’ tutti i gusti e i movimenti dei primi anni zero, dal nu-metal al nu-emocore.
Insomma, chi ha detto che un bel disco debba per forza di cose essere innovativo? Non certo il sottoscritto. Per quel che mi riguarda quindi i Lostprophets sono un progetto ai limiti dello storiografico, una band che racconta tramite i suoi dischi i suoni e le mode del periodo in cui si trova a suonare. Il grosso problema in un'operazione come questa arriva quando la moda del momento è qualitativamente un abominio, perché se sei veramente bravo a raccontarla ti tocca fare un disco osceno. La mia tesi è che i Lostprophets in questo siano maestri e quindi porto al banco delle prove il terzo album, “Liberation Transmission”: un disco che più brutto non si può, fotografia della decadenza di un certo tipo di suoni alla fine degli anni zero. Tutto torna. C.V.D..
La domanda adesso è come si contestualizza in quest’opera di narrazione storica un disco come “The Betrayed”, uscito proprio alla conclusione del decennio che i cinque gallesi hanno deciso di raccontare attraverso tutte le tappe della moda alternative? Bastano pochi ascolti per capirlo. Il nuovo lavoro dei Lostprophets è contemporaneamente un riassunto di quanto è stato fatto fino ad ora, una sorta di riepilogo di fine capitolo, ma anche un’apertura alla nuova tendenza indie. Tutto insieme. Una roba che nessuna band riuscirebbe a scrivere senza rendersi ridicola e che invece loro possono proporre con una credibilità invidiabile. Ditemi chi altri potrebbe scrivere un pezzo come “Dstryr/Dstryr” senza venire citata in giudizio dai Rage Against the Machine per diffamazione (attenzione: non per plagio, perché siamo ai limiti della parodia) o pezzi come “Next Stop, Atro City” o “Streets of Nowhere” senza venire etichettati come new sensation dell’indie da classifica. Insomma, per essere sempre alla moda anche quando le mode cambiano ci vuole bravura e questo va riconosciuto. Giù il cappello a chi fa della poseraggine una professione e la porta a termine con costanza e senza ripensamenti, sfoggiando una notevolissima faccia tosta.
Il disco non lo valuto perché secondo me non ha senso dargli un voto; ma per quanto ognuno possa avere in merito un’opinione diversa, sfido chiunque a non lasciarsi coinvolgere da un singolone come “Where We Belong”.
Manq
TRACKLIST:
01. If It Wasn't for Hate, We'd Be Dead by Now
02. Dstryr/Dstryr
03. It's Not the End of the World, But I Can See It from Here
04. Where We Belong
05. Next Stop, Atro City
06. For He's a Jolly Good Felon
07. A Better Nothing
08. Streets of Nowhere
09. Dirty Little Heart
10. Darkest Blue
11. The Light That Shines Twice as Bright..."
01. If It Wasn't for Hate, We'd Be Dead by Now
02. Dstryr/Dstryr
03. It's Not the End of the World, But I Can See It from Here
04. Where We Belong
05. Next Stop, Atro City
06. For He's a Jolly Good Felon
07. A Better Nothing
08. Streets of Nowhere
09. Dirty Little Heart
10. Darkest Blue
11. The Light That Shines Twice as Bright..."