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COHEED AND CAMBRIA
YEAR OF THE BLACK RAINBOW
I Coheed and Cambria sono da sempre un progetto interessante e peculiare, soprattutto per quel che riguarda il loro punto di partenza musicale: l’emocore. Già perché anche se può sembrare strano per chi si sia avvicinato a loro con gli ultimi lavori, le origini del quartetto sono proprio quelle ed ancora riescono a farsi spazio, a volte, tra la mole infinita di assoli, suoni ed orpelli “prog” che costellano gli ultimi album. Tornando all’introduzione al gruppo però, come dicevo, la cosa che li ha sempre resi particolari è la tematica sci-fi che permea tutti i loro lavori. Claudio Sanchez, frontman della band, è autore infatti di una serie di fumetti intitolata “Armory wars” i cui capitoli sono narrati in ciascuno dei precedenti quattro album della band. La saga ora è conclusa e questo “Year of the black rainbow” costituisce una sorta di prequel, musicale e narrativo, a tutto questo.
Adesso però è il caso di parlare di questo disco da un punto di vista squisitamente musicale. Il suono dei Cohhed and Cambria è sempre stato abbastanza particolare, vuoi per la voce inconfondibile di Sanchez, vuoi per la costante ricerca di strutture complesse all’interno dei brani e vuoi anche per le atmosfere e le suggestioni create dai pezzi. Con il tempo tutto questo è sfociato in una vena che da tutti ormai è definita “progressive” e che ha via via coperto le basi emocore della band, allontanandola dai miei gusti in maniera direttamente proporzionale. Questo lavoro però, forse anche perché si tratta concettualmente di un prequel, riporta il tutto su livelli più vicini agli esordi senza però sacrificare quanto è stato costruito con il passare degli anni. Ok, detta così forse non è per nulla chiara la questione, ma recensire una band come questa non è semplice. Venitemi incontro. Il disco si apre con un’introduzione di piano, come consuetudine in casa Co&Ca, ma il primo pezzo vero, “The broken”,  è proprio uno di quelli in cui le origini della band vengono maggiormente fuori. Per forza di cose sono proprio questi i momenti che preferisco ed in questo disco vengo ampiamente accontentato in tracce come “Here we are juggernout” e “Made out of nothing (all that I am)”. Altri pezzi invece, come “When skeletons live”, riescono bene a fare da ponte tra vecchio e nuovo dando a tutto il disco abbastanza respiro, così come “Far” tiene viva la voglia dei quattro di “sperimentare” e ricercare atmosfere attraverso suoni per loro nuovi. La sezione ritmica è per la prima volta registrata dall’ex Dillinger Escape Plan Chris Pennie e questo si sente soprattutto in tracce come “Guns of summer” e “In the flame of error“. La vera novità del disco però è che nessuna delle dodici canzoni arriva ai sei minuti, con somma gioia del sottoscritto.
Per apprezzare “The year of black rainbow” in ogni caso un po’ di gusto per la “tamarria” del prog bisogna avercelo però, o quantomeno bisogna essere disposti a sopportare un elemento che è sempre stato nel DNA dei Co&Ca. Chi li conosce sa di cosa parlo, per gli altri credo l’unica alternativa sia prendere questo CD e metterlo nel lettore. Dopo averlo ascoltato potrete decidere da soli se è troppo prog, e a quel punto procurarvi “The second stage turbine blade” e “In keeping secret of silent earth III”, oppure se lo è troppo poco e quindi passare a “Good Apollo, I’m burning star: vol. 1 – From fear through the eyes of madness” e Good Apollo, I’m burning star: vol. 2 – No world for Tomorrow”.
Credo che i titoli, da soli, esplicitino cosa intendo quando dico che i Coheed and Cambria sono un progetto peculiare.
Manq
Voto: 7,5
TRACKLIST:

01 – One
02 – The broken
03 – Guns of summer
04 – Here we are juggernaut
05 – Far
06 – This shattered symphony
07 – World of lines
08 – Made out of nothing (All that I am)
09 – Pearl of the stars
10 – In the flame of error
11 – When skeletons lives
12 – The black rainbow