O la va o la spacca: potrebbe essere questo il titolo del nuovo omonimo album dei Drowning Pool. Superati i dieci anni di carriera, la band americana sembra aver completamente virato dal sound pesante degli esordi verso una formula rock oriented nella speranza di aprirsi nuovi orizzonti musicali e commerciali, sganciandosi definitivamente da un’etichetta scomoda come il nu metal.
In realtà sin dall’arrivo del cantante McCombs (ex Soil) si avvertivano i primi segnali di cambiamento, processo che via via si è sviluppato fino alla realizzazione del nuovo disco.
L’influenza del metal ha lasciato spazio dunque a soluzioni più care all’hard rock, anche se in termini di impatto sonoro non ci sono dubbi che siano sempre i Drowning Pool: “Let the sin begin” e il singolo “Feel like I do” riassumono perfettamente quanto detto prima, grazie ad una sezione ritmica quadrata su cui Mc Combs intesse le sue melodie decadenti e rabbiose.
E’ andando avanti con le tracce successive che si nota invece una sorta di “chiodo fisso” per la melodia vincente che a mio avviso frena quanto di buono la band ha dimostrato di saper fare.
La qualità dei pezzi si mantiene comunque su livelli più che sufficienti, ma ciò non toglie che la scelta di soluzioni troppo convenzionali (ascoltare “Over my head” o “More than worthless”) sia più che altro dettata dalla voglia di ritagliarsi un ruolo mainstream nel panorama americano.
Il lato più convincente della band texana riemerge però quando questa decide di picchiare più forte, come nelle ottime “All about me” o “Horns up”, o di rallentare i ritmi – finalmente – con classe ( la country ballad “Alcohol blind”).
“Drowning Pool” è tutto sommato un disco apprezzabile, seppur non presenti alti picchi creativi, ma si lascia ascoltare per intero senza troppi patemi; e già questo non è risultato da poco.