Non fatevi ingannare dalle apparenze, perché i Rolo Tomassi non sono quello che sembrano.
A vederli penseresti quasi che il quintetto di Sheffield voglia seguire le orme dei suoi più famosi compaesani Artic Monkeys, esprimendosi dunque attraverso sonorità indie-rock che in terra anglo-sassone sono sempre di moda e continuano a sfornare nomi nuovi ogni mese.
Poi però schiacci il tasto play, parte la musica ed accade quello che forse non ti saresti mai aspettato.
Una selvaggia attitudine hardcore ti travolge, le chitarre si rivelano essere taglienti come rasoi, le strutture dei brani intricate e complesse, la sezione ritmica detta tempi frenetici, con frequenti cambi fuori da ogni previsione.
Per ultima poi viene la voce della cantante Eva Spence, che con il suo viso angelico dona un’immagine tutta casa e chiesa pronta ad essere frantumata in mille pezzi quando la stessa prende il microfono in mano per scaricarci dentro tutta la sua rabbia, con uno stile versatile che si divide tra screaming, potenti growl di scuola grind e rari passaggi più delicati, mantenendo perfettamente il controllo della situazione.
Partorito in uno studio di Los Angeles sotto la supervisione di Howie Weinberg (Nirvana, Faith No More),  “Cosmology” è un lavoro sorprendente che riesce a bissare le già ottime impressioni che il suo predecessore “Hysterics” aveva suscitato due anni fa, segnando un significativo passo avanti della band verso una maturazione completa che sembra oramai prossima.
Difficile racchiudere la musica del gruppo dentro un unico genere, perché a partire dall’attacco bellico di “Agamennon” ogni schema viene rivoluzionato passando dalla purezza dell’hardcore più classico a divagazioni progressive, dagli intermezzi elettronici che fuoriescono dai synth di James alla precisione chirurgica di soluzioni math-core che sembrano estratte da un lavoro dei The Dillinger Escape Plan.
I Rolo Tomassi non hanno paura di osare nelle sperimentazioni, si lasciano trasportare senza limiti dalla propria folle vena creativa, giocano con il proprio background musicale quasi come avessero a che fare con un puzzle e tutto ciò che ne esce fuori è un disegno originale, azzarderei dire unico nel suo genere.
Un disco che mostra come si possa creare ancora qualcosa di nuovo partendo anche da una base più classica, senza fare storcere troppo il naso ai puristi del genere ed accontentando pienamente chi invece ha più larghe vedute. Un’ascolto obbligato.