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FRONTIER(S)
THERE WILL BE NO MIRACLES HERE
Diciamolo subito, io il disco d’esordio di una band che si chiama Frontier(s) non l’avrei mai neanche ascoltato in condizioni normali. Se l’ho fatto il motivo è che alla voce in questo progetto c’è un certo Chris Higdon, ovvero la voce degli Elliott. Un uomo che ha pubblicato un disco come “False Cathedrals” io nella mia vita continuerò a rispettarlo e a dargli credito anche iniziasse a fare jingle per la pubblicità, glielo devo. Nel caso specifico però il lavoro mi è reso abbastanza semplice perché questi Frontier(s) ripartono proprio da lì, dagli Elliott, nel tentativo di creare qualcosa di nuovo, ma non distante, o forse di buttare fuori quello che secondo Higdon gli Elliott avrebbero dovuto pubblicare nel 2010 se fosse stato possibile per loro restare una band.
Inserendo il CD ed ascoltando “Little wolves” l’effetto è eclatante: la voce non è cambiata di una virgola, le chiatarre sono ancora quelle e l’impressione è che di anni dall’uscita di quella pietra miliare ne siano passati due e non dieci. Bello, penso, ma l’effetto dura pochino. Andando avanti infatti diventa impossibile non fare i conti col fatto che invece dieci anni sono passati eccome e che quindi la proposta di questi Frontier(s) suoni suo modo fuori tempo massimo. Troppo legame con il passato, troppa poca voglia di provare a voltare pagina ed il risultato è qualcosa che quindi pian piano tende a deludere. Prendiamo “Bones” per esempio, in se è un pezzo fighissimo, ma se non avessi saputo fosse loro avrei giurato fosse una qualche traccia inedita degli Elliott arrivata in qualche modo alla luce solo ora. Verso la conclusione del disco, ad essere onesto, un po’ il tentativo di lasciare il porto saldo di ciò che fu e provare a dire qualcosa di nuovo c’è anche, ma molto molto cauto e non sempre ispirato a dovere, come dimostrano “Poor souls” e “You are secrets”. Forse solo con la conclusiva “Dirty pets” il livello compositivo ed emozionale arriva ad un livello buono, ma in ogni caso quasi si preferisce la parte emulativa iniziale.
Chiariamo, questo disco di per se non credo possa essere definito brutto, però io non riesco a trovagli un senso. Chi conosceva gli Elliott, li amava ed è rimasto distrutto dal loro scioglimento magari apprezzerà anche questo tentativo di riesumarne il cadavere, ma senza certo pensare di poter riavere indietro quanto ha perso. Chi invece gli Elliott non li ha mai sentiti questo disco potrebbe anche consumarlo di ascolti, almeno fino a quando non scoprirà “False Cathedrals”, perché da quel momento diventerebbe chiara l’assenza di competizione tra le due opere. Insomma, questo “There will be no miracles here” è roba per feticisti dell’emocore.
Manq
Voto: 6
TRACKLIST:

01. Little wolves
02. Von Veneer
03. Sea of Galilee
04. Abul Abbas
05. Bones
06. Marching line
07. Poor souls
08. Young lives
09. You are secrets
10. Dirty pets