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FEEDER
RENEGADES

Molte volte fin troppo sottovalutati dalla critica italiana i Feeder sono senz’ombra di dubbio tra le migliori rock band su scala internazionale, capace in questi quasi 20 anni di carriera di non deludere mai le aspettative, lasciando sempre aperte le porte della propria musica a nuove contaminazioni e mantenendo standard qualitativi piuttosto elevati.
Rispetto ai primi album c’è stato ovviamente un forte cambiamento, frutto di un processo graduale e soprattutto naturale che ha visto il trio virare verso soluzioni più melodiche senza però perdere quell’animo ribelle che li contraddistingueva agli esordi e che ancora oggi li spinge a schiacciare spesso il piede sul pedale del distorsore.
Salutato il batterista Mark Richardson, tornato con i suoi Skunk Anansie, i due componenti rimasti, Grant Nicholas e Taka Hirose, hanno trovato il suo sostituto in Karl Bazil con il quale hanno da subito iniziato i lavori per questo nuovo album “Renegades”, anticipato da due EP e da un omonimo tour promozionale.
Rispetto al precedente “Silent Cry” questo settimo lavoro in studio per la band presenta un sound meno raffinato, meno incline a sperimentazioni, segnando in parte un ritorno alle soluzioni più grezze, dirette e potenti dei primi dischi “Swim” e “Polythene”.
Abbiamo dunque a che fare con un rock più sporco che in alcuni episodi, come la title-track oppure in “Barking Dogs”, sembra quasi animato da un selvaggio spirito punk, con chitarre aggressive di matrice hard-rock che sfociano in ritornelli come sempre molto godibili ed accattivanti.
La trovata autonomia artistica dovuta all’aver fondato una propria etichetta, la Big Teeth Records, sembra aver rivitalizzato la carriera del trio che oggi si sente sicuramente più libero di suonare la musica che gli pare, senza porsi troppi limiti, sfiorando anche confini più heavy (“Sentimental” uno dei brani migliori) ma mantenendo in ogni caso un occhio di riguardo alle linee melodiche (“Down To The River”).
“Renegades” è in definitiva un album che, volendo essere pignoli, forse rimane un po’ al di sotto delle reali capacità della band ma risulta in ogni caso molto godibile nel suo ascolto e considerando poi il fatto che ad ottobre dovrebbe uscire un secondo disco, a detta di Nicholas più intimo di quest’ultimo, direi che non ci si può certo lamentare.

Whitelocust
Voto: 6,5
TRACKLIST:

1. White Lines
2. Call Out
3. Renegades
4. Sentimental
5. This Town
6. Down to the River
7. Home
8. Barking Dogs
9. City in a Rut
10. Left Foot Right
11. Godhead
12. The End
13. Down By The River