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GRINDERMAN
GRINDERMAN 2
Per chi avesse vissuto altrove negli ultimi anni e non sapesse chi sono i Grinderman basti sapere che sono la creatura più elettrica di Nick Cave (e dei Bad Seeds). Non preoccupatevi se durante l’ascolto dell’album la parola che vi verrà in mente più spesso sarà “spiazzante”, perché se fin dall’album precedente la band ci aveva abituato a sonorità garage rock a tratti sfioranti il noise, in quest’ ultimo lavoro non fa altro che ampliare ulteriormente la de-strutturazione dei pezzi, soprattutto a livello propriamente sonoro.
Feedback che si inseguono in maniera apparentemente casuale, distorsioni puramente fuzz, violini elettrici e loop artimici non fanno altro che dare un risultato sorprendente posti sopra il martellare costante della parte ritmica della band.
Eppure dopo aver ascoltato un paio di volte l’album, ed aver abituato il cervello più che l’orecchio stesso, risulta tutto lineare e omogeneo nel perseguire un unico fine. Non si può nemmeno ragionare su quali pezzi sono più o meno riusciti: data la singolarità di ognuno di essi si può forse fare una larga distinzione tra brani che giocano il tutto sull’ elettricità nervosa, vedasi "Evil" e "Mickey Mouse and The Goodbye Man", o altri che puntano a creare suggestioni tramite atmosfere inusuali, "When my Baby Comes" e la sua base sinuosa ne è l’esempio perfetto, piuttosto che la maligna "Kitchenette".
Ma non è finita qui, perché la band arriva addirittura alle melodie che ti si piantano in testa e non escono più con il refrain  “we are the soul survivors” ad libitum nella closing-track "Bellringer Blues" o con la classicissima, ma fresca, "Palaces of Montezuma". C’è tutto questo e molto di più in "Grinderman 2". Per esempio viene da chiedersi come faccia un brano come "Heathen Child" a risultare così semplice e leggero quando se si presta poca più attenzione ci si rende conto della sua atipica composizione sonora strumentale (e se ne avete occasione andate a vedere il video di quest’ultima per capire meglio quanto la band basa molto del suo operato sulla contrapposizione inronia-seriosità).
Se pensavate che non si potesse rinnovare il rock, pur rimanendo in un’ottica garage e quasi low-fi, ascoltate quest’album, e poi vedrete che i White Stripes vi sembreranno (ancor più) monotona banalità rock n roll.
Antichthon

TRACKLIST:

01. Mickey Mouse and the Goodbye Man
02. Worm Tamer
03. Heathen Child
04. When My Baby Comes
05. What I Know
06. Evil
07. Kitchenette
08. Palaces of Montezuma
09. Bellringer Blues