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SILVERSTEIN
Realizzata il: 13/04/2012
Autore: Manq
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In occasione del live show di Legnano, abbiamo potuto scambiare due parole prima con Paul e poi in maniera decisamente meno formale con Josh. Ecco cosa ne è uscito.



Manq: Ciao! Tutto bene?

Paul: Sì grazie, tutto benissimo.

M: Come sta andando il tour?


P: Il tour sta andando benissimo. Cinque settimane in giro per tutta Europa, è il più grande tour che abbiamo mai fatto da queste parti ed è veramente fantastico.

J: Cinque settimane sono veramente tantissime e sono a pezzi. Mi restano ormai le energie necessarie giusto per salire sul palco e provare a fare lo show al meglio. All’inizio abbiamo dovuto muoverci con aerei e barche, in Russia ed in Finlandia, e questo mi fa quasi rivalutare le restanti settimane in sette su un bus. Girare in tour è veramente un aspetto massacrante di questo lavoro, ma è una cosa che amo fare ed è questo che ti da la forza per fare questa vita da più di dieci anni.

M: Penso che vi piaccia il nostro Paese, alla fine ci venite spesso…

P: Assolutamente, credo sia la quarta o la quinta data che facciamo qui.

J: Pizza.

M: La prima volta che vi ho visti suonavate di spalla ai Simple Plan e c’erano forse dieci persone sotto il palco che conoscevano i pezzi. Ora siete headliners di un tour europeo. Cos’è cambiato?

P: Mi ricordo quel concerto (ride). Per noi è stato fondamentale poter girare l’europa e farci conoscere a nuove persone. Col tempo penso che quelle persone siano cresciute, esattamente come siamo cresciuti noi, e questa è la principale differenza tra allora ed oggi.

M: Parliamo un po’ della vostra musica. Se si ascolta “18 candeles” ci si rende conto che c’è stato un certo percorso nel vostro suono. Ora, in Italia è quasi offensivo ormai parlare di “emo” (Paul ride e conferma il probabile decadimento del termine anche in Canada), ma per intenderci i vostri primi pezzi erano nell’orbita di band come Mineral o primi Get Up Kids. Poi siete passati all’hardcore. Come si è svolto questo percorso?

P: Penso tutto sia dovuto ad un paio di fattori. Negli anni abbiamo decisamente raddoppiato il nostro personale consumo di hardcore. Quando siamo partiti il nostro background di genere era dato da tutte quelle fast-core band anni novanta, ma poi, immediatamente prima del 2000, è nata quella nuova frontiera del metalcore con band tipo i Poison the Well che hanno davvero cambiato il nostro gusto musicale. Il secondo fattore è che ai tempi non saremmo mai riusciti tecnicamente a suonare quello che suoniamo ora. Andando avanti ovviamente migliori a livello tecnico e provi a spingerti in territori in cui questa cosa venga fuori.

M: Cosa pensate di protools? La tecnologia oggi porta veramente la perfezione nel suono e nella produzione. Questo fa si che ci siano ormai milioni di band che suonano identiche tra loro. Pensi che la perfezione, in fatto di suono e produzione, sia veramente un valore aggiunto per un disco o credi che qualche errore e qualche imperfezione diano al tutto una nota più personale?

P: Quando abbiamo iniziato la tecnologia non era a questi livelli. A noi ha fatto piacere avere strumenti che ti permettessero di suonare a click, di andare a tempo e di mettere insieme tracce che fossero ben amalgamate e fluide nel loro insieme. Ciò che non va bene e che noi cerchiamo di evitare, è tutta quella spazzatura che viene aggiunta ormai ai dischi in fase di produzione, perché è quello che appiattisce di molto il prodotto. Anche con quest’ultimo disco, “Short Songs”, volevamo tracce che suonassero “organiche”, ma senza tutti quegli additivi di cui generalmente la gente ormai abusa.

M: Parlando invece di internet, cosa pensi della possibilità che ormai tutte le band hanno di farsi immediatamente conoscere in tutto il mondo grazie alla rete? La cosa ha ovvi pro e contro…

P: Oggi se sei una band che suona in cantina puoi avere ascoltatori in tutto il mondo senza che questi ti abbiano mai visto suonare realmente dal vivo o senza che sappiano nulla di quella band in generale o delle sue origini musicali, una cosa molto diversa da quello che succedeva negli anni ottanta o novanta. Una volta dovevi andare in tour per farti conoscere e c’era l’east coast sound come il west coast sound. Ora c’è solo l’internet sound. A cambiare è soprattutto la mentalità, quell’esigenza sfrenata al consumo che ti fa continuare a scaricare e ascoltare musica sempre nuova, con ritmi frenetici, senza lasciarti fermare a valutare gli elementi che ci sono veramente in una band rispetto alle altre.

M: Prima abbiamo parlato della sorta di rivoluzione che c’è stata all’inizio di questo secolo nel panorama HC. Pensi che qualcosa del genere sia ancora possibile per il futuro?

P: Musicalmente credo che tutto vada ad ondate e che così continuerà ad essere anche in futuro. E’ solo un fatto generazionale. Che cambia a mio avviso molto è che quella rivoluzione di cui abbiamo parlato si fondava su ideologie e messaggi, non solo musicali ma anche tematici. Oggi non è più tanto così e ci si fa distrarre da un sacco di altre cose.

M: Per molti la nuova frontiera dell’HC è la dubstep o l’elettronica. Cosa ne pensi?

P: Mi piace l’elettronica. Mi piace l’hardcore. Ma devono restare cose divise. Ci sono un sacco di cose fighe nell’elettronica, ma non voglio sentirle in un disco hardcore.

M: Sono completamente d’accordo. Parliamo un po’ del nuovo disco, “Short songs”. Ad essere onesto, l’ho apprezzato molto di più dei precedenti. Penso che questa nuova veste fast&short abbia dato nuovo appeal al vostro sound. Quando avete deciso di registrarlo l’idea era proprio di dare nuovo aspetto al vostro suono o di omaggiare gli anni novanta?

P: Intendi per i nostri pezzi? Ci siamo semplicemente fissati l’obbiettivo di registrare pezzi che fossero corti. Tutta la tematica e il concept del disco è basato unicamente sul tempo. Tutto doveva girare intorno a quello, dovevamo farci entrare le nostre idee ed evolverle affinché potessero starci in pezzi così corti. Abbiamo dovuto spingere noi stessi a suonare più veloce e corto possibile. Per alcune canzoni, di impronta più punk o hc, è stato facile, per altre la sfida è stata maggiore. Ci andava di fare così in questo momento. In futuro potremmo avere ancora voglia di fare canzoni cortissime, come di farne di lunghissime o di mixare queste diverse attitudini.

M: Come avete scelto le cover messe nel disco? Cioè, Orchid e Promise Ring...

P: L’unico criterio è stato che dovevano essere di band che esistevano prima che noi fossimo una band. Questo è stato l’unico elemento che ha guidato la scelta.

M: Ok, adesso qualche domanda veloce che ho raccolto su twitter in questi giorni. Mi dici tre band con cui è stato bellissimo dividere il palco e una che avete odiato?

P:  Direi che amiamo molto andare in giro con gli UnderØath per la loro energia, con gli Strike Anywhere per la loro positività ed il fatto che ti fanno sempre apprezzare di essere in giro a suonare.
 
M: E una che avete odiato?

P: Preferirei non dire nulla (ride).

M: Qual è la tua canzone preferita dei Silverstein? Se non dici November mi offendo però…

P: (Ride) Non ho realmente un pezzo preferito. Cambio continuamente gusti in questo senso.

M: Ma ti capita mai di essere stufo di suonare un pezzo che magari porti in giro da dieci anni?

P: Penso che se i fan vogliono sentire una canzone per dieci anni è giusto che noi la si suoni per dieci anni.

M: Siete riusciti a visitare l’Italia in questi anni o non c’è mai stata occasione?

P: L’anno scorso ci siamo presi un giorno per visitare Milano. E’ stato magnifico.

M: Ora ho una domanda espressamente per te: come fai ad essere così magro? Dicci la tua dieta segreta, ti prego…

P: (Ride). I think it’s called drumming…

J: (In seguito, senza Paul presente): Vi avrà detto che è perché mangia sano, ma in realtà si ingozza di biscotti tutto il giorno. Oppure è perché suona, ma io ogni volta che salgo sul palco salto, corro e sudo come un matto, eppure guardami… mi sa che il mio problema sono pizza e birra…

M: Perfetto, grazie di tutto. Ti lascio lo spazio per dire quello che vuoi ai fan italiani.

P: Grazie a te. E’ sempre bello venire a suonare in Italia. Speriamo di vederci l’estate prossima, quando presenteremo il nuovo disco.

M: State già scrivendo un nuovo disco?

P: Eggià.

Grazie allo staff di Rude Records per l’aiuto e la disponibilità.


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