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RAVENSCRY
Realizzata il: 12/05/2011
Autore: Tempo
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Intervista ai Ravenscry, una delle proposte più interessanti nel panorama rock/metal italiano, che ci parlano del nuovo album "One Way Out", delle loro influenze, della scena italiana e molto altro ancora.

Ciao ragazzi e benvenuti su Groovebox.it. Come prima cosa presentateci la band: qual è la formazione, da dove venite, chi sono i fondatori ufficiali, quando è nata la band, com'è nata l'idea?
Mauro: La band nasce ufficialmente nell’agosto 2008 nei dintorni di Milano, ed è composta da Paolo Raimondi (Chitarre), Andrea Fagiuoli (Basso), Simone Carminati (Batteria) e Mauro Paganelli (Chitarre). Dopo alcune selezioni si unisce alla band la cantante Giulia Stefani, proveniente da Tarquinia (VT). L’idea era fin da subito ambiziosa: volevamo un progetto serio, una band che unisse un solido impianto metal ad una voce melodica, cercando di aggiungere qualcosa di nuovo e di squisitamente nostro.

 

Parlateci un po' del nome della vostra band: come nasce e che significato ha per voi?
Paul: ho trovato il questo nome in un libro intitolato “dossier Brimstone” di Lincoln Child e Douglas Preston  due dei miei autori preferiti, mi ha colpito subito per l'eleganza e per l'immagine che si stampa in mente quando lo leggi, in quel periodo avevo già iniziato a comporre il materiale per questa band e l'associazione è stata immediata.

 

Presentatevi a chi non vi conosce: descriveteci il vostro sound e a quali gruppi e generi vi ispirate maggiormente. Tralasciando il solito discorso "non ci piace essere catalogati in un genere preciso", in quale movimento/genere vi collochereste?
Mauro: Siamo spesso e inevitabilmente catalogati nel filone gothic metal, seppur crediamo che non ci rappresenti a pieno, soprattutto per quanto concerne l’immagine del gruppo. Il sound dei Ravenscry ha diverse componenti principali: il riffing metal, ispirato a gruppi quali Fear Factory e Meshuggah; la voce melodica e femminile, paragonabile a Within Temptation o Evanescence; le atmosfere, a volte elettroniche a volte più classiche, che si possono ritrovare ad esempio nei progetti di Lucassen, da tutti noi molto apprezzato. Insieme a tutto questo cerchiamo poi far emergere le influenze e l’espressività di ciascuno di noi.

 

Il 15 aprile è uscito il vostro nuovo album "One Way Out". Parlatecene un po': cosa possono aspettarsi gli ascoltatori dalle canzoni del disco e come mai questo titolo?
Mauro: “One way out” è il frutto di 3 anni di lavoro (anche se molti pezzi hanno un’origine ancora più remota), ed è la concentrazione delle prime idee della band. Ci siamo rivolti a grandi professionisti perché l’album avesse un suono graffiante e soprattutto moderno. Quello che gli ascoltatori possono aspettarsi è sicuramente un lavoro curato, un disco metal, ma anche un disco con delle tematiche profonde e che sollevano molte delle provocazioni e delle riflessioni che ci stimolano come band e come persone. Il titolo rappresenta da un lato il nostro modus operandi, ovvero la voglia e la determinazione di fare tutto al meglio delle nostre possibilità, senza compromessi e puntando dritti all’obiettivo. Dall’altro può essere visto come concetto più generale, il credere in una via d’uscita, anche se apparentemente impossibile. Personalmente lo vedo come un “inno” alla determinazione e alla tenacia, perché quando queste due componenti sono predominanti uno scopo irraggiungibile può diventare raggiungibile, indipendentemente dalla fortuna o dal tempo necessario per farlo.

 

Di cosa parlano i testi e chi è il songwriter principale?
Mauro: I testi sono stati scritti interamente da Giulia e trattano temi abbastanza diversi: natura, mitologia, eccessi, critica sociale. Personalmente penso che se dovessi individuare un filo conduttore sarebbe quello di un disagio trasformato in forza. Un disagio derivante dai molti aspetti della società che non vanno e che ci “ghettizzano”, ma che invece di avvilirci e controllarci ci sprona a cambiare le cose e a rendere i nostri scopi e la nostra vita così come la vogliamo.

 

Chi è invece il principale compositore del gruppo? Usate qualche metodo per assemblare tutte le idee che vi passano per la testa?
Mauro: Per quanto riguarda i pezzi di “One way out” molte delle idee sono nate da riff di Paul, che tutti insieme abbiamo sviluppato e arrangiato. Altre sono frutto di un lavoro di gruppo e sono nate suonando insieme e creando passo passo la canzone, lasciando spazio alla creatività e all’espressività di tutti i componenti. Non usiamo perciò un metodo particolare, semplicemente ci ascoltiamo e ci confrontiamo con lo scopo di far rendere al meglio ogni secondo di un brano.

 

Per "One Way Out" avete lavorato con importanti nomi: Fabrizio Grossi, noto per collaborazioni con Steve Vai, Slash, Cypress Hill, Alice Cooper eccetera ha mixato il disco, mentre il mastering è stato fatto da Tom Baker (Judas Priest, Sevendust, Manson, Megadeth)... Come sono nati i contatti con loro e quanto vi hanno aiutato?
Fagio: Tutto in realtà è partito da un seminario tenuto proprio da Fabrizio Grossi a Brescia al quale abbiamo assistito e abbiamo avuto modo di poter prendere contatto con lui.
E’ stato poi Fabrizio a guidarci facendo da tramite con gli altri contatti, il nostro obbiettivo era quello di non rinunciare alla qualità del disco nonostante fosse prodotto con i nostri limitati mezzi finanziari.
Inutile dire che il loro apporto al lavoro è stato fondamentale, ma non meno di quello che è arrivato da Simone Mularoni (DGM, Empyrios), Simone Bertozzi (Empyrios, The Modern Age Slavery) dei Fear Studio e Dario Ravelli dei Suonovivo Studio… quando lavoriamo con professionisti esterni ci piace dare loro piena libertà d’azione per poter avere il meglio da tutto.

 

Chi ha disegnato la copertina dell'album e chi ha avuto l'idea?
Fagio: La copertina è stata curata da Rhett Podersoo della Machine Room Design, l’idea è stata congiunta, nel senso che volevamo creare un’idea grafica di quello che si troverà nell’album. Un fine settimana Rhett è andato fuori Londra a visitare una vecchia villa abbandonata dove vissero alcuni artisti impazziti e scomparsi in circostanze misteriose. Il ritratto della donna che si vede nella foto della copertina viene proprio da quella casa.
Inutile dire che la sua proposta è piaciuta subito a tutti e gliel’abbiamo fatta sviluppare nel migliore dei modi secondo i suoi canoni (incredibili a nostro avviso).

 

A metà marzo circa è arrivato anche il vostro video "Nobody", con regia di Salvatore Perrone. Vi va di raccontarci il concept del video e qualche aneddoto dalle riprese? Come avete scelto questa canzone?
Mauro: La scelta di “Nobody” come singolo da usare per un videoclip è nata dalla considerazione che fosse tra i brani più rappresentativi e più d’impatto presenti nel disco. Il concept è stato sviluppato “a due mani” da Giulia e Salvatore, che ha fatto un gradissimo lavoro. La storia raccontata nel video è lo “specchio” della canzone: seppur con immagini diverse da quelle espresse nel testo, vuole portare alla luce la sensazione di totale mancanza di identità indotta dalla patina sociale, la sensazione di sentirsi “stranieri nella propria terra”. Nel video il protagonista ha perso tutto e sembra che non gli rimanga altro da fare che farla finita. Ciò che gli rimane, in realtà, è la scelta: soccombere, o rinascere con una nuova/propria identità. L’aneddoto più divertente è sicuramente quello riguardante l’attore protagonista: si tratta del padre di Simon, che di mestiere fa l’idraulico… Il fatto che nel video si ritrovi ad annegare in una vasca da bagno è stato parecchio comico!

 

Ora parliamo della vostra discografia e carriera: qual è stata la prima cosa in assoluto che avete mai registrato, cosa avete inciso fino ad oggi e quante esperienze dal vivo avete avuto?
Paul: la prima è stata una Demo tape fatta con il mio vecchio gruppo “Hyperion” che ci ha portati ad un contratto con relativo album un bel po' di anni fa, poi diverse demo  fino ad ad arrivare alla creazione dei Ravenscry, con i quali abbiamo fatto uscire un EP e adesso l’album.
Mauro: La nostra esperienza dal vivo si è articolata soprattutto nel nord Italia, seppur ci sia capitato di suonare anche nel Lazio. Dal punto di vista dei live però la tappa più importante è stata il nostro tour europeo, nel novembre 2010. Sette date tra Belgio e Inghilterra, toccando anche città importanti come Londra e Bristol. Un’esperienza indimenticabile.

 

Qual è finora il momento più bello e/o importante da quando siete una band?
Fagio: credo di poter affermare senza ombra di dubbio che il momento più importante sia stato il primo tour internazionale. La vita di strada mostra tanti lati delle persone e gli spazi ristretti nei quali si è costretti a convivere mette a dura prova la pazienza di tutti, ma il nostro humour e la nostra coesione ci ha permesso di superare brillantemente questa “prova”. Un’esperienza di vita.
Paul: la registrazione dell'album ed il tour, però non posso tralasciare il momento ,nella composizione di una canzone, nel quale si “sente” che sta nascendo qualcosa di importante.. è una cosa che mi emoziona sempre moltissimo.
Mauro: il primo concerto, in cui ho potuto subito tastare l’alchimia tra di noi, e poi indubbiamente le registrazioni del disco e il tour.

 

Quanto conta secondo voi il look di una band al giorno d'oggi? Voi avete un vostro “dress code” oppure salite sul palco come capita?
Fagio: al giorno d’oggi una band non è più “soltanto” musica, ma è uno show e come tale va intesa. Il look in quanto tale fa parte proprio dello show, tutto deve essere curato nei minimi dettagli, difficilmente ci vedrai salire sul palco con dei vestiti che non mettiamo tutti i giorni comunque, perché noi ci presentiamo con il nostro stile che abbiamo attentamente selezionato, ma che ci rappresenta in pieno.

 

Cosa possono aspettarsi i ragazzi che vengono ad assistere ad un vostro show?
Mauro: sicuramente molto volume! Scherzi a parte, sul palco diamo tutto. Senza dubbio l’intenzione è di trasmettere energia, grinta, ma anche e soprattutto tanta passione.

 

Un vostro parere sulla scena italiana e suggerimenti per accrescere il movimento underground sempre più affollato; inoltre vorremmo che ci indicaste quali sono secondo voi i migliori gruppi italiani del momento.
Mauro: penso che la scena italiana sia molto difficile per quanto riguarda il rock/metal. Ci sono tantissime band valide che faticano ad emergere principalmente perché non viene dato loro lo spazio e l’opportunità per farlo. Purtroppo credo che ci sia un problema alla radice che è di cultura musicale, non inteso come “ignoranza”, ovviamente, perché ognuno è libero di ascoltare ciò che vuole. Attualmente la priorità è sempre il soldo e non la musica, o arte. Il fenomeno delle cover band ha un po’ monopolizzato l’organizzazione dei live, e chi fa musica propria ha sempre (a livello generale) meno opportunità di suonare e di farsi conoscere. Il movimento underground non penso che abbia bisogno di crescere, nel senso che è già molto affollato come dicevi tu, ma ha più che altro bisogno di avere spazio e di essere ascoltato.

 

Meglio uscire per un'etichetta discografica (che sìa major o indie) o lasciare l'intera gestione della band in stile D.I.Y. e perchè?
Fagio: c’è una bella e grossa distinzione da fare secondo me tra major e indie. Noi abbiamo scelto di affidarci a un’etichetta per tutto quello che riguarda la distribuzione e la promozione del prodotto (e abbiamo trovato grandissimo appoggio in Carlo Bellotti di Worm Hole Death), ma per tutto quello che concerne la produzione vera e propria del disco abbiamo fatto tutto con la nostra testa e per poterlo fare non ci sono vie di mezzo: bisogna fare (e pagare) tutto da soli.

 

Quanto vi hanno aiutato i social network come Myspace, Facebook, Twitter a farvi conoscere e quanto in generale questi strumenti possono aiutare un gruppo a farsi conoscere rischiando però di cadere nella marea di band emergenti che forse abusano di questi mezzi? A tal proposito, quali sono i vostri contatti sui social network?
Fagio: i social network sono il presente. Il contatto diretto con tutti i ragazzi e le ragazze che cercano sì la musica, ma vogliono anche conoscere quello che c’è dietro e chi c’è dietro è qualcosa di fenomenale. Non c’è veramente niente di meglio che chiacchierare con due fan contemporaneamente, magari un inglese e un giapponese su Facebook mentre si parla anche del più e del meno e di quello che si cela dietro a certe espressioni artistiche. Amiamo i social network e crediamo fermamente che siano uno strumento fondamentale per le band al giorno d’oggi.
Potete comunque trovarci (e scriverci) su Facebook:


http://www.facebook.com/ravenscryband MySpace: http://www.myspace.com/ravenscryband e Twitter: http://www.twitter.com/ravenscryband oppure se non avete voglia di ricordarveli tutti trovate tutti i collegamenti diretti dal nostro sito ufficiale: http://www.ravenscryband.com/

 

Se, fantasticando, poteste scegliere un producer con il quale lavorare, chi scegliereste?
Paul: Bob Rock, perchè ha prodotto l'album che mi ha cambiato la vita : il black album dei Metallica.
Mauro: Rick Rubin (anche se l’ultimo disco dei Metallica mi ha sorpreso in negativo come produzione… Aspettiamo il prossimo :P)

 

E con quale musicista/gruppo realizzereste invece una canzone (o un remix) assieme?
Paul: Rammstein, Fear Factory, Ludovico Einaudi.
Mauro: Dream Theater, Ludovico Einaudi, Ruben Paganelli.
Fagio: Ludovico Einaudi, Arjen Anthony Lucassen, Daniel Gildenlow.

 

Prima abbiamo parlato dei gruppi ai quali vi ispirate di più per il genere che fate. Ora invece vorrei parlare dei gruppi che vi hanno cambiato la vita, anche di tutt'altro genere. Quali sono i vostri gruppi o cantanti preferiti e quali vi hanno spinto a voler diventare musicisti?
Paul: come ho scritto prima i Metallica, che con l'omonimo album (chiamato da tutti “black album” per via della copertina completamente nera) hanno realizzato un capolavoro assoluto. L'unico in grado di trasportare il metal ,che fino ad allora era considerato un genere da drogati/sfigati, dall'underground fino al main stream facendolo accettare anche ai benpensanti. È stato l'album che, più di ogni altro, ha influenzato un intero genere. TUTTI li hanno criticati ma TUTTI avrebbero voluto fare un album così. In tanti ci hanno provato ma, inutile dirlo, nessuno ci è mai andato vicino. Ancora oggi quando compongo mi sento ispirato ed attratto da quell'album e dalle sue atmosfere tanto oscure quanto semplici da apprezzare (“the unforgiven” su tutte) e dopo vent'anni dalla sua uscita questo è un bel risultato.
Mauro: l’album che mi ha cambiato la vita, in quanto mi ha portato a suonare la chitarra, è stato “Unplugged in New York” dei Nirvana. La sua atmosfera mi ha catturato. Gruppi che mi hanno trascinato nel rock e nel metal, tralasciando i classici anni ’70, sono stati senza dubbio gli Iron Maiden, i Blind Guardian (in particolare “Nightfall in middle earth”), Metallica (principalmente il “Black Album”), Pantera e Dream Theater. Più recentemente vado matto per i Disturbed e continuo a rimanere affascinato dal talento di musicisti come Nuno Bettencourt e Paul Gilbert. Di un altro pianeta! Cito infine un musicista che ha rivoluzionato il mio modo di vedere la chitarra: Tommy Emmanuel.

 

A livello di musicisti, qual è il vostro sogno nel cassetto?
Fagio: riuscire a far ascoltare la nostra musica a più persone possibili.
Paul: emozionare più persone possibili.
Mauro: come il buon Paul, emozionare più persone possibili!

 

Album (o gruppo) straniero da consigliare ad un amico
Fagio: CalatrilloZ
Paul:”Vulgar display of power “ dei Pantera
Mauro: CalatrilloZ

 

Album (o gruppo) italiano da consigliare ad un amico
Fagio: Empyrios
Paul: “Frame” dei magnifici DGM
Mauro: Del Maiale Non Si Butta Via Niente

 

Album (o gruppo) in cui quale avresti voluto suonare
Fagio: Ravenscry :D
Paul: “Demanufacture” dei seminali Fear Factory
Mauro: “Pornograffiti” degli Extreme

 

Ultimo album (o gruppo) ascoltato
Fagio: sono appena sceso dalla macchina e stavo ascoltando Inner Circle degli Evergrey
Paul: ho appena visto l'ultimo DVD dei Cannibal Corpse  'Global Evisceration'. Devastante.
Mauro: “Asylum” dei Disturbed e “What If…” dei Mr.Big.

 

Ultima cosa: lasciate un breve messaggio di saluto che possa anche convincere le persone ad ascoltarvi.
Mauro: non vi garantiamo di piacervi, ma una cosa possiamo garantirla: siamo simpatici! :P
Fagio: non vi garantiamo di piacervi, ma una cosa… ah no, l’ha già detto Mauro.


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